GIUSEPPE GIOVENONE IL GIOVANE, Madonna con Bambino e i Santi Pietro e Stefano che presentano due prelati, n. 313, settimo decennio del cinquecento. Carboncino con uso di sfumino, gesso, acquerello seppia; è composto da sedici fogli, 190 x 135 cm.
     Anche se non si è trovato il dipinto corrispondente al cartone, si può assegnare il lavoro per via stilistica e per i confronti con la pala di Moncrivello, a Giuseppe Giovenone il Giovane, in una data di poco lontana da questa opera: attorno al settimo decennio del Cinquecento, per la grandiosa impostazione architettonica della
composizione dalle caratteristiche solenni e teatrali. Anche nei gesti misurati e quasi statuari e nei ritratti, sembra di vedere l’interesse del pittore per una definizione aulica dei personaggi, in sintonia con la più austera e misurata sensibilità religiosa e sociale.
GIUSEPPE GIOVANONE IL GIOVANE. Sant’Eusebio presenta un donatore, assistito da san Giuseppe e da un angelo, n. 325, 1565 circa.
Matita, gesso, carboncino con uso di sfumino; è composto da cinque fogli e da cinque frammenti di carta, 168 x 58,5 cm.
Il cartone è riconoscìbile con la parte laterale destra della Adorazione dei pastori, Santi e donatori della parrocchiale di Sant’Eusebio a Moncrivello, di Giuseppe Giovenone il Giovane, la cui firma «Josephus de Jovenonibus fecit», è nascosta da una grandiosa cornice settecentesca. Il personaggio raffigurato è stato riconosciuto con Cesare de Majo, capitano dell’artiglieria di 5. M. Cattolica in Lombardia e in Piemonte, che nel 1538 ebbe dal Duca di Savoia il possesso del castello di Moncrivello. La committenza del de Majo deve aver influito in modo determinante sulle scelte artistiche di Giuseppe Giovenone il Giovane, il quale sembra liberarsi della tradizionale eredità gaudenziana, per accostarsi alla cultura milanese più contemporanea, legata all'aristocrazia neofeudale, di cui Bernardino Campi era uno degli interpreti più autorevoli. La datazione dovrebbe fissarsi attorno alla metà del settimo decennio, come prova anche la armatura indossata dall’uomo d’arme che compare nel dipinto (nel cartone aveva abiti civili), di moda tipicamente milanese e in uso solo a partire da quella data.
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