possano anche piegarsi nella mente del Vasari artista a divenire i dettagli di una personale invenzione, nella quale non è ben chiaro fino a che punto le aggiunte decorative del collezionista siano intese allo scopo di valorizzarli - alla stessa maniera in cui una bella cornice può valorizzare un dipinto su una parete - e fino a che punto, invece, non si inverta la situazione, risultando i fogli antichi da tali interventi indebitamenti prevaricati. Resta comunque il fatto che inizia col Vasari un approccio collezionistico all’oggetto disegno completamente nuovo e di grande respiro, che sotto molti aspetti verrà ad indicare gli indirizzi su cui per secoli si porranno analoghe esperienze di ambito fiorentino; influenzando inoltre una crescita apprezzabile dell’interesse per questo tipo di opere che si verifica nel contempo in vari ambienti e all’interno della stessa famiglia Medici. Segnali di questo interesse vengono da Cosimo I (1519-1574) che, stando proprio alla testimonianza vasariana, possedeva vari «disegni e schizzi e cartoni» di Michelangelo da lui tenuti «per gioie», nonché «un libro d’animali» di Piero di Cosimo «bellissimi e bizzarri, tratteggiati di penna diligentissimamente, e con pazienza inestimabile condotti»; e da suo figlio Francesco (1541-1587), che risulta avesse raccolto tra le altre cose molti fogli di Antonio da Sangallo il Vecchio, di Michelangelo e di Leonardo, in aggiunta al già ricordato volume di disegni portatogli in dono da Pietro Vasari. Da rilevare infine come a Firenze, nella seconda metà del Cinquecento, si assista a un fenomeno di proliferazione delle collezioni di grafica, sul quale il successo del precedente vasariano ebbe senz’altro un impatto determinante. Citazioni sporadiche nella letteratura artistica chiamano in causa i nomi di un Matteo Botti, di un Alessandro Acciaioli o di un Girolamo degli Albizzi: quest’ultimo in quanto proprietario di fogli michelangioleschi (Vasari, VII, p. 203). Non è dato sapere, spesso, se si tratta di episodi di vero e proprio collezionismo specialistico, o non piuttosto di collezionisti in senso lato che possedevano, tra oggetti di diversa natura, anche opere cartacee. In questa seconda categoria è da citare ad esempio il caso di Ridolfo Sirigatti, il quale teneva esposti sulle pareti della propria casa, mescolati a dipinti, sculture, oreficerie e bellissimi strumenti musicali, anche un «cartone grande» del Buonarroti e «alcuni disegni di Taddeo e Federigho Zucchero e del Bronzino, e due carte bellissime di nuova invenzione di Giovanni Strada Fiammingo» (R. Borghini, R Riposo, 1584). 0 quello di Bernardo Vecchietti proprietario di «disegni de’ più eccellenti maestri» tra i quali il «famoso cartone della Leda e un altro pezzo di cartone pur del Buonarroto delle guerre di Pisa, che si avevano a dipingere in Firenze nel palagio»; mentre di Benvenuto Celimi il medesimo possedeva il «disegno del modello del Perseo di piazza», di Francesco Salviati «quattro carte bellissime», e del Bronzino «due