ANNA MARIA DONADONI ROVERI 1824: «Sono ora quattordici mesi che non ho fatto altro che occuparmi di questo mio museo; l’ho disposto nella miglior maniera che mi fu possibile nelle poche sale che mi sono state assegnate provvisoriamente, facendo fare tutti gli scaffali; le vetrine da me che erano necessarie e convenienti [sic]; ho svolto in gran parte i papiri, ho collocato e descritte le medaglie, ho fatto restaurare le statue rotte che erano molte [...]; ho diretto gli intagli dei marmi [...] io sono sempre custode del museo che ho portato da Livorno, senza titolo né appuntamento alcuno, con mille noje, mille gelosie senza il menomo comodo [...] ho voluto provare ai miei concittadini che io sò dirigere un museo, anche unico e insigne come il nostro, che è cosa immensamente pregevole, che so anche illustrarlo, che posso meritare di esserne conservatore [...] Nella prossima primavera si dee cominciare una fabbrica apposta per questo museo» (Giorgi, op. cit., pp. 229-230). Le sale «assegnate provvisoriamente» sono quelle al pianterreno dell’ala sinistra, gli splendidi saloni guariniani illustrati nell'acquerello di Marco Nicolosino che mostra appunto la prima sistemazione delle collezioni. E nella stessa lettera si parla di una «fabbrica» che deve essere iniziata, «apposta per questo museo». In effetti già prima dell’arrivo della collezione a Torino, Prospero Balbo aveva dato incarico a F. Bonsignore di progettare una adeguata sistemazione per il Museo. Il Bonsignore propose dapprima (febbraio 1824) una nuova ala da costruirsi sul fondo del cortile e successivamente (maggio 1824) progettò una elevazione dell’ala destra che, come si è visto, era rimasta incompleta. Prevalse poi un altro progetto, dovuto a Giuseppe Talucchi (febbraio 1825), basato sempre sul completamento dell'ala destra. Nel maggio 1828 il San Quintino scrive al Mazzarosa: «E, se i lavori che si vanno ora a principiare