L'EGITTO DEL MONDO CLASSICO
Questa statua di coccodrillo, conservata a Roma nei Musei Capitolini, deriva dal santuario principale delle divinità egizie a Roma, l'iseo Campense (cioè, del Campo
Marzio). Da qui provengono altre statue animalesche.
Più però che alle divinità connesse con gli animali figurati, queste immagini debbono servire a dare il
senso di un Egitto di maniera in cui il santuario è collocato. Statue di coccodrilli appaiono in simile modo anche nel cosiddetto «Canopo» della Villa Adriana a Tivoli.
Verità (ed è un particolare giustificato dai monumenti originali) e che trattano le cause solo per iscritto, per quanto riguarda sia l’accusa sia la difesa, sfuggendo così ai rischiosi fascini immediati dell'oratoria. Valga per tutte la descrizione che Diodoro dà della vita del sovrano, vero «schiavo della legge»: «[I re] non compiono nulla a loro beneplacito, ma tutto ciò che li riguarda - e non solo quel che attiene all’ufficio, ma il comportamento e il modo di vivere in generale - è regolato da leggi. Come addetti non hanno schiavi, né per nascita né per acquisto, ma tutti figli di sacerdoti illustri, che abbiano più di venti anni, e che siano particolarmente bene educati fra quelli della stessa stirpe. Così il re, avendo sempre persone ottime accanto a sé per le cure del suo corpo e che sono con lui giorno e notte, non potrà commettere nulla di malvagio e di vile. [...] Stabilite erano le ore del giorno e della notte secondo le quali il re doveva occuparsi non di ciò che gli piacesse, ma di quel che era stabilito dalle leggi. Svegliandosi all'aurora doveva ricevere le lettere speditegli da ogni parte, in modo da poter esercitare il suo ufficio nel modo più opportuno, avendo preso conoscenza con attenzione di tutte le faccende relative al regno. Poi, lavatosi e adorno delle insegne del potere e in splendida veste, sacrificava agli Dei. [...] Quindi, dopo che il re aveva esaminate le viscere del vitello, lo scriba sacro leggeva le delibere e le azioni raccolte dai libri sacri degli uomini più illustri, in modo che colui che aveva la signoria, avendo già considerato le migliori scelte già prescritte per i singoli casi, le adottasse parimenti. [...]
E aveva un tempo stabilito non solo per gli affari pubblici e per l'amministrazione della giustizia, ma anche per il passeggiare, il lavarsi, il dormire con la moglie, e insomma per tutte le attività. [...] Era anche costume che si nutrisse di cibi semplici, mangiando solo carni di vitello e di oca, bevendo una definita misura di vino che non portasse né a troppa pienezza né all'ebrietà.
In breve, gli era prescritto un genere di vita talmente moderato che pareva che non un legislatore, ma il migliore dei medici avesse stabilito tutto questo per una vita salubre». Questa frenetica stilizzazione di virtù regali non basta: Diodoro narra di come, alla morte del re, si radunasse il popolo e ciascuno fosse libero di ricordare in pubblico gli eventuali torti subiti. Quindi si procedeva alla cerimonia funebre solo nel caso che, alla domanda se il re avesse bene trascorso la vita, il popolo avesse risposto con una acclamazione positiva. Altrimenti il suo corpo sarebbe stato trattato ignominiosamente.
Questa utopistica visione delle istituzioni egiziane fa tanto più spicco per noi - e tanto più ha avuto peso in altri momenti - quanto più è inserita in una serie di notizie concrete e attuali che nascono da una esperienza reale, o almeno ostentano volentieri il supporto di iscrizioni (di Osiri, di Isi, di Osimandia, di Sesoosi) le quali sintetizzano, sia pure con movenze e concezioni greche, le situazioni o i racconti riportati dall’autore.