L'oro

di
Bisanzio
di Luigi Sachero

Erede della gloriosa sequenza imperiale romana può considerarsi la
monetazione bizantina che, con le
zecche d'oriente e d'occidente, copre
un periodo di oltre mille anni. Iniziando dal 395 d.C., anno dell'avvento al trono di Arcadio, essa
giunge alle coniazioni di Costantino XI Paleologo, ultimo imperatore che batte moneta, finché nel
1453 la stessa Costantinopoli cade
nelle mani di Maometto II. Circa
novanta imperatori si succedono in
un veloce alternarsi di nomi, sovente
molto simili, che lascia un po' incerto e confuso chi si accinge a
seguire questo periodo affrontando
le difficoltà delle iscrizioni in carattere greco, talora abbrevviate intorno
al busto dell'Imperatore, altre volte
poste verticalmente nel campo.
Ma, malgrado questa ed altre particolarità che differenziano le monete
bizantine da quelle fino ad ora esaminate, esiste un notevole anello di
congiunzione con il nostro mondo
attraverso alcune zecche italiane, fra
le quali la più importante è Ravenna.
Ad essa fa' capo una copiosa emissione di pezzi che sembra ispirarsi
ai celebri mosaici ravennati che
sulle monete rivivono in tutto il
loro enigmatico fascino proprio di
un'arte ieratica, inconfondibile e
(.) suggestiva.
Qui la ritrattistica perde quel realismo che era stato una delle principali doti della monetazione imperiale romana ed assume una forma
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certamente
meno personale ed
espressiva, ma più astratta ed inde.. finita che conferisce alla figura del~ l'Imperatore, del «Basileus », una
c:; forza religiosa che bene si addice

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alle peculiarità di quest'epoca.
Contrastanti con le raffigurazioni
pagane e con le celebrazioni dei
fasti militari del mondo grecoromano, lontani dai monogrammi
e dai simboli delle piccole monete
barbariche, i soggetti che compaiono su questi pezzi sono quasi
sempre improntati ad un'esaltazione
religiosa che si materializza nel
busto aureolato del Cristo o nella
figura in trono della Vergine oppure
nelle croci potenziate e su globo od
infine nelle scritte che invocano la
protezione celeste. La stessa raffigurazione del «Basileus », riccamente paludato, con il globo crucifero ed il «volumen» o con lo
scettro ed il labaro, si idealizza per
avvicinarsi e quasi confondersi con
quella del divino Reggitore.
Ma tralasciamo queste considerazioni stilistiche per esaminare brevemente come questa monetazione
si articola nella sua normale struttura.
L'impostazione monetaria, come
quella romana, è anch'essa trimetallica, ma il compito del circolante
è svolto prevalentemente dall'oro e
dal bronzo lasciando all'argento
una funzione molto ridotta. Per la
precisione, noteremo che, in casi
sporadici, compare pure l'elettro,
lega di oro e d'argento .
Nell'oro, il «solido» è la moneta
base con pochi sottomultipli: il
« semisse» o mezzo solido ed il
« tremisse» o terzo di solido. Di
derivazione prettawente costantiniana, esso può presentarsi, senza
variazioni di peso, oltre che nel suo
normale aspetto, anche con notevoli
alterazioni d'aspetto. Il « solido globulare» è stretto di modulo e di
forte spessore, mentre caratteristiche
opposte presenta il « solido a largo
modulo» ; il «solido scodellato»
poi ha le superfici, rispettivamente,
concava da una parte e convessa
dall'altra. Quest'ultimo tipo di coniazione che è stata estesa a tutti i
metalli, sembra sia stata adottata
per facilitare il conteggio materiale
dei pezzi.
Nell'argento, abbiamo alcuni tipi,
tutti piuttosto rari: le «silique »,
simili a quelle del basso impero
romano, le «miliaresia» del valore
di du(( silique, e gli « asper », caratteristici per la punteggiatura delle
figure in essi rappresentate. La serie
in bronzo è dom inata dal «follis»
con tutte le sue varianti di modulo e
dai suoi divisionali, i «nummi ». Il

follaro, indicato con la lettera « M »,
maiuscola o gotica, è rappresentato
anche dal numerale «XXXX» che
lo indica pari a quaranta nummi;
il «mezzo follaro» è indicato con
« K» o con il numero «XX»; il
« dodecanummo» con «I + B»
(10 + 2); il «decanummo» con
« I » o « X » (dieci); 1'« esanummo »
con «S»; il «pentanummo» con
« E» oppure « V » (cinque); il
« trinummo» con la lettera «r »,
terza dell'alfabeto greco .
Le zecche dell'Impero bizantino
sono molto numerose. Noi ci limiteremo ad elencarne qualcuna per
dare un'idea dell'estensione dell'Impero stesso: Alessandria, Antiochia,
Cartagine, Catania, Cipro, Costantinopoli, Cyzico, Efeso, Kherson,
Milano, Napoli, Nicea, Nicomedia,
Ravenna, Roma, Sicilia, Tessalonica.
Tutte le officine di queste zecche
hanno la loro produzione impostata
sulla coniazione; soltanto Kherson
emette una curiosa, breve serie di
monete fuse che sono quasi sempre
contraddistinte da grandi lettere nel
campo.
Caratteristica tipica della monetazione bizantina è la presenza quasi
costante della sigla di zecca, mentre
sovente si riscontra, particolarmente
nel bronzo, l'indicazione dell'anno
di emissione rapportato all'anno di
regno dell'imperatore.
La sequenza delle monete degli Imperatori di Bisanzio subisce un'interruzione dal 1204 al 1261. In tale
epoca, infatti, è coniata una serie di
pezzi anonimi con la figura del
Cristo o di un cavaliere sul diritto e
di una croce greca od ornata sul
retro . Questi interessanti esemplari
vengono attribuiti ai Crociati ed in
particolare a Baldovino ed ai Conti
di Edessa e ricordano l'occupazione
di Gerusalemme da parte dei Crociati stessi . Altre località, però, si
reggevano in modo autonomo e
pertanto il numismatico si trova di
fronte alle coniazioni che fanno
capo all'Impero di Nicea (12041261), a quello di Tessalonica (12051232) ed all'Impero di Trebisonda
che dal 1204 continuerà fino al 1461.
Nel 1261, Michele VIII Paleologo
riprende la monetazione per l'Impero
di Costantinopoli e questo resisterà,
come abbiamo già detto, fino a
quando Maometto II entrerà nella
capitale d'oriente. Le truppe del
Sultano assoggetteranno poi il Peloponneso, Trebisonda, Mitilene, Negroponte, parte dell' Albania, la co-