Nella prosa notarile c’è dunque un abbozzo della schematizzazione descrittiva di quell’assetto territoriale che con l’indagine antologica in atto lungo la Stura intendesi evidenziare nella sua logica interna e gustare nella sua musicale armonia, dalle cime del Rocciamelone e delle Levanne alla collina torinese tra Torino e Gassino. Gli edifici sacri e loro dipendenze non possono più intendersi quali oggetti isolati nell’aura estetica vagamente romantica, come la rinomatissima carducciana chiesa di Polenta, bensì debbono fare parte, quali elementi strutturali, d’un discorso d’insieme valido per la cultura nostra attuale, educata da ben più sostanziose penetrazioni umanistiche e tecniche. Persino la normativa di regolamentazione edilizia fa oggi tonalità ambientale necessaria per la valutazione critica del significato artistico delle cose dell’architettura. Lo scalo canavesano ricorrente di quel grande personaggio ch’è « Abbas Willelmus », il quale ricamava sinusoidalmente itinerari di qua e di là delle Alpi, assume dunque un ben preciso compito di riferimento storico, quasi sia stato un diapason, della cui legge vibratoria partecipa anche tutto l’intorno geografico. La costruzione di Fruttuaria fu iniziata nel 1003 e fu compiuta nel 1007. Ma nel frattempo Guglielmo era ritornato alla sua sede di giurisdizione per dare inizio alla rimodellazione dell’altro complesso abbaziale pure dedicato al servo di Dio Benigno. Soprattutto fece epoca l’impostazione a pianta centrale del nucleo più importante del tempio, dimostrando che furono colte e sviluppate le ispirazioni tratte a Venezia ed a Ravenna. Quale architetto, Guglielmo fu considerato un maestro orchestrante altre personalità artistiche in una grande impresa che più tardi divenne interessante per vasti ambiti geografici : « abbas magistros conducendo et ipsum opus dictando summo mentis ingenio ». Infatti, successivamente, nell’anno 1010 andò in Normandia, chiamatovi da Riccardo II, per perfezionare riformare e fondare una quarantina di monasteri, tra cui Santa Trinità di Fecamps e altri templi di Jumège, di S. Ouen, di Rouen, di Mont S. Michel. Ricomparve tra la nostra gente canavesana nel 1014, quando lo spodestato Arduino d’Ivrea, ormai ritiratosi dalla vita politica per risiedere a Fruttuaria, fondò anche il monastero femminile caro a sua moglie Berta; c nel 1030, ultimo anno della sua vita terrena. La patrologia, Rodolfo Glabro cluniacense dandone l’avvio, lo celebrò dopo morte come « Sanctus Guillelmi Abbas Divionensi ». Se di Fruttuaria, non resta che il campanile di San Benigno Canavese, è però quanto basta per permettere un approfondimento del valore estetico del paesaggio arcaico benedettino nelle Alpi occidentali e dei suoi elementi architettonici minuti, i quali insieme alle visioni d’insieme dimostrano la grande potenza della congruenza dello stile romanico. La congruenza, era detta dagli antichi « concinnitas », e talora « proportio », cioè interna proporzionalità, e « simetria », qualità non coincidente con l’attuale concetto matematico di ribaltabilità speculare rispetto ad assi e piani privilegiati. Era rispondenza tra le parti ed il tutto e tra il tutto e le parti. Vedendo la parte s’intuiva la globalità; vedendo l’insieme s’intuiva la costituzione estetica del dettaglio. Entro le quattro superfici di facciata del campanile si trova l’esemplificazione di detto principio: i sei piani di cui è costituito vengono segnalati o proiettati all’esterno da sei fasce marcapiano ad archetti pensili; e detti archetti modulari costituiscono ben chiarificatrici scansioni della superficie cosicché l’occhio la misura, come se avesse a disposizione uno strumento mensorio, una canna metrica. Ma la scansione dello spazio equivale a scan- ------------------[t|--- sione temporale; e, perciò, gli archetti fungono come le note musicali per battere i tempi. Spazio stilistico romanico equivale a musica stilisticamente monodica e gregoriana. In realtà la fenomenologia architettonica è molto complessa; l’immagine è prodotto di sintesi di più schemi introduttori alla progettazione ed alla contemplazione, secondo interpretazioni estetiche che Vitruvio pone nel trinomio-unità « firmitas, commo-dus et venustas ». Così nelle facciate si proiettano gli spazi interni, destinati alle distribuzioni delle azioni svolgentisi; e si disegnano sottolineate le leggi statiche cui soddisfano le strutture portanti (specialmente i quattro solidi angolari ed altri quattro maschi murari intermedi profilati a sezioni decrescenti di sotto in su). I, 4; fig. 7. La cappella di San Martino di Ciriè, secondo gli ap- punti 1852 di C. Rovere nel 28