Furono promulgate leggi perché non si superassero le cinquemila unità operative dirette, ovviamente coinvolgenti altrettanti custodi dell'ordine.
L'organizzazione di tanta fatica umana comportava ovviamente delle predisposizioni per la vita associata, militare e civile, superiore ad ogni immaginazione non tecnica! Un apposito genere di urbanistica doveva inserirsi, integrandosi, nei più generali assetti delle centuriazioni eporediesi e vercellesi; giacché ovvia tattica militare, dava un compito alle spalle degli schiavi Salassi, cioè ad Ivrea; ed altrettanto intuitiva considerazione logistica doveva interessare il dirottamento centralizzato del prodotto, cioè a Vercelli. Si adottarono dei ricettacoli in grotte, specie di montane « balme », sotto i grandi massi erratici; si allestirono dei villaggi di capanne di paglia per le donne e per i rientri degli uomini a notte; si edificarono sparsi impianti di raffinamento del materiale; si cintarono ampie spianate per contenere speciali accampamenti di forzati e di militi, si creò anche un centro direzionale forse sotto aspetto di città non murata col suo bravo « ponderarium », edificio ove si effettuavano le pesature, di cui si dirà avanti.
Sembra che l'abitato direzionale si chiamasse « Victimula », e fosse ubicato nella valletta che sbocca dal fianco della collina dalla Bessa verso oriente, tra Dorzano e la frazione di San Secondo di Salussola. L'impianto minerario della Bessa perdette importanza quando nell'Illirico e nell'Iberia si produsse oro meno costoso.
La città dell'oro è ora sepolta. Si annodava con strade ai due municipi dai quali dipendeva, connettendosi in maniera duplice, mediante una scorciatoia interna alla Bessa (I. Vignono) oppure allacciandosi nella pianura ai grandi itinerari che provenivano da Susa e da Aosta e tendevano a Pavia, Milano, Piacenza ed Asti (da Augusta Praetoria si scendeva a Vitricium, ad Eporedia e passando per Septimum, l'attuale Settimo Rottaro, si aggiravano alla base le propaggini della Serra, lasciando sul fianco sinistro Quadrata, raccogliente appunto il traffico di Victimulae e si raggiungeva Vercellae prima d'andare a Cutias, a Eaumellum, a Ticinum).
Si è accennato che le aurofodine dipendevano simultaneamente da Ivrea e da Vercelli. La Bessa stessa, così declinata a metà rispetto alle direzioni cardinali, costituiva quasi il lato del quadrumagno eporediese smussante a nord-ovest l'ipotetico quadrato di progettuale concepimento. Nella pratica costituiva il confine ed insieme il tramite di contatto con la centuriazione madre, la vercellese. La quale, a dire il vero, fu poi sempre gelosa della figlia e collaboratrice, fino a farle guerra nell'epoca medioevale repubblicana.
Comunque ad Ivrea dovettero risiedere, anche per garantirsi alle spalle della fedeltà dei Salassi ingaggiati negli impianti auriferi, oltreché per reclutarli per le milizie consolari spedite al fronte settentrionale.
Alto incarico ad Ivrea aveva Ebuzio, nientemeno che « sevirus » (I, 3). Il questore edile Atecio era giudice di cinque decurie (I, 3). Un terzo esempio, ma più significativo, per l'interferenza eporediese e vercellese, si trae dalla lettura della lapide conservata al Museo d'Antichità torinese portatavi da scavi ottocenteschi presso Victimula, lapide da datarsi tra 1 e 11 secolo d.C., l'epoca dell'acquedotto testé ricordato (I, 6; fig. 3).
Si ricorda Tito Sestio Secondo l'altolocato cittadino eporediese il quale predispose la costruzione dell'edificio delle pesature (P. Bruzza, V. Viale) nel luogo più adatto per l'operazione ultima di controllo dei lingotti prima dell'inoltro all'LTrbe, tramite Vercelli (I, 6; fig. 3).
Se non si ammettesse questo delineato accoppiamento collaborativo tra le due circoscrizioni municipali non si spiegherebbe la possibilità d'incastrare a triangolo le tre centuriazioni Vercellae, Eporedia, Augusta Taurinorum in così ristretto spazio. Si riveda la mappa riassuntiva delle geometrie della limitatio (I, 3 ; fig. 2).
In zona Bessa: non poteva smussarsi il quadrumagno che come detto. In zona Malone: la complementare smussatura non fu che il prodotto della più giovane città augustea, che con la sua limitatio mutò le irrazionali svanite quadrettature troppo poco declinate. L'andamento altimetrico in quella zona andava riorganizzato in qualche modo per facilitare un ulteriore dono di Ivrea a Vercelli, quello d'acque irrigatorie. Forse esistettero spunti di bonifica idraulica nei dintorni di Borgo d'Ale e di Cavaglià, spunti per un tracciato di via d'acqua secondo una completa lunga « curva di livello » che congiunse Ivrea a Vercelli, facendo tutt'uno della produzione di foraggi, di granaglie e poi di riso. Alludesi al Naviglio d'Ivrea sistemato dagli ingegneri idraulici di Jolanda di Savoia al terzo quarto del secolo xv (IV, 1), al canale di Caluso nel xvii ed al Canale di Cavour alla metà del xvni.
Nella mappa della centuriazione eporediese (I, 3 ; fig. 2) il tracciato dei settantacinque chilometri del Naviglio d'Ivrea è stato suggerito, con molto anticipo di tempo, al solo scopo di monito. Si intendeva ricordare una verità storica, che sempre i progetti della più evoluta tecnica agricolo-idraulica furono null'altro che definitive unificanti e regolarizzanti sistemazioni d'insiemi di pretesti parziali ma concordanti intuiti dalla ingegnosità più remota di agricoltori e di idraulici. I Romani si lasciarono condurre per mano dalle popolazioni autoctone
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