Per esempio, nel caso non di porcellane ma di maioliche di Vische si sa che furono allestiti dei grossi vasi portafiori e dei vasi da notte con sopra scritto « Masino », come memento di proprietà (VI, 6; figg. 4 e 5). L'attribuzione è di Vittorio Viale. Dunque, per fare il punto ritornando alla manifattura di Vische, la prima infornata del '65 andò a male perché il troppo calore e la troppo recente muratura fecero sì che crollassero i forni e si rovinassero gli oggetti da cuocere. Una infornata significava nientemeno che 1300 pezzi (come quella fortunata dell'8 luglio 1768). E per potere prorogare le facilitazioni concesse dalle patenti regie si dovettero fare inchieste e perizie. Tra i periti era il celebre Saluzzo di Monesiglio, uno dei tre fondatori dell'Accademia delle Scienze di Torino (III, 1). Angelo Saluzzo di Monesiglio non potè che confermare il giudizio positivo sui prodotti già dato dall'accademico « chimiste » preposto alla fabbricazione di Sèvre. Dissero i periti al magistrato del Consolato che i pezzi di porcellana erano « di buona qualità, ed anzi ottima rispetto alla materia, e loro formazione, sebbene si sia riscontrato in alcuni d'essi una spessezza alquanto eccedente il solito de' rispettivi simili pezzi » tuttavia correggibile avvertendone gli esecutori. Il bianco fu trovato leggermente giallognolo, rispetto a quelli orientali e stranieri, ma dipendendo dalle materie locali usate. Quali materiali impiegavano in Vische? Ne fece cenno induttivo, con i risultati della scienza docimastica del secolo successivo, il grande chimico Ascanio Sobrero in una memoria all'Accademia delle Scienze di Torino del 1867 (intitolata appunto Della porcellana magnesiaca di Vinovo, Vinovo essendo la manifattura continuatrice di quella di Vische condannata a chiudere per il dissesto economico) ed in altra d Ignazio Ghigliossi di Lemie riordinante le indagini di V. A. Gioanetti (quale Descrizione delle terre del Piemonte). Nel paese, dunque, i piemontesi potevano utilizzare le terre di Cumiana (nel Medioevo il quarzo di Giaveno serviva a fare vetri), le terre bianche di Baldissero (contenenti magnesite e caolino). « Argilla bigia di Castellamonte » : « pinguissima, serve questa terra di condimento alle terre troppo magre, e sebbene un poco inferiore alle terre di Valdengo e di Cumiana per resistere al fuoco, le supera però d'assai per i folloni ». « Terra bianca di Baldissero » : « questa è uno degli ingredienti principali della porcellana in mancanza della terra di Caraglio, ch'è la più bianca, la più grassa e la più apira di tutte le terre tanto esotiche che nostrali ». « Terra bianca di Giaveno » : « assai magra, fusibile, e risultante da quarzo e spato decomposti, serve ai tuppinai per dare il bianco sotto la vernice ». Quali uomini operavano come artisti, oltre l'ispiratrice mente di Ludovico Birago di Vische? Risulta che modellatore era il plasticatore Cattabrini; che ornatisti erano i due noti pittori Cassardi ed Antoniani. Dell'Antoniani, nella zona di San Maurizio Canavese, alla Viarana, si mise in vista la grande abilità a dipingere splendidi paracamini e disputatissime sovrappone con soggetti marinari (L. S. d. L. ; VII, 2; figg. 13 e 14). Dunque uomini d'alta classe erano per così dire i capi cordata, mobilitatoti dei due tornitori e dei dodici operai (del « direttore » VI, 6; fig. 7. « La chioccia », soprammobile in porcellana di Vische, 1768 (Museo Civico, Torino). VI, 6; fig. 8. . Tavolino laccato con ornamenti di pastiglia bianca di riso eseguito per Masino, 1780 4- 90. 328