[15-16] Figure femminili, in uno sguancio di finestra nell’ala est al piano superiore del Castello 'Visconteo (1450-1460 c.). A destra della fig. [15] tracce di un camino. bisognerà almeno richiamare le poderose opere idrauliche che al Parco più o meno direttamente si collegarono e che, ben prima di Leonardo, testimoniarono di una avanzatissima ingegneria, senza la quale nemmeno monumenti come la Certosa sarebbero concepibili. (29) Purtroppo poco sappiamo degli interventi di sistemazione interna. E’ possibile andare poco più in là della ricognizione delle colture in connessione con fondi interni al Parco, e rimasti di altra proprietà. Le testimonianze di grandi boschi emergono indirettamente dai più antichi documenti, e poi dalla tragica feroce tenacissima distruzione così bene illustrata dal Gianani. Si trattava di querce soprattutto, ma si ha notizia anche di castagni, di ontani e di olmi. [7, 13-14] parallelamente a quello, poche miglia più in là, della grande Certosa. E se Domenico da Campione era uno dei tanti fornitori dell’una e dell’altra impresa è possibile che gli architetti e i progettisti ducali fossero pure gli stessi. Alla Certosa sappiamo che, accanto a Bernardo da Venezia, lavoravano Cristoforo da Conigo e Giacomo da Campione, forse un parente, certo un conterraneo di Domenico. La recinzione, come ci confermano le porte superstiti, continuava la tradizione della tecnica laterizia che già nel Castello pavese aveva toccato il suo apogeo, e possiamo dunque immaginarla, anche con l’aiuto della vecchia e della nuova iconografia, come una semplice struttura ove lo spessore massiccio risultava articolato da un tettuccio protettivo. Gli ampi tratti di mura della città rinnovati in età viscontea e poi sforzesca dovevano avere una compagine più complessa, rinforzata all’interno da robusti archi su pilastri. Incredibile è che non resti letteralmente nulla della cinta. Ma il Gianani ha raccolto una documentazione impressionante della rovina che distrusse il lungo e imponente manufatto (quasi 25 chilometri in tutto), implacabilmente, a partire dalle brecce che vi aprì la famosa battaglia di Pavia del 1525. Si può ben dire che un tale evento ebbe per teatro il più straordinario, per allora, giardino d’Europa e ne segnò la fine. [12 bis] Sarebbe grave errore limitare al ricordo della recinzione il valore di una delle opere che qualificarono una età e una cultura. Dobbiamo accontentarci, è vero, di pallide immagini, di misere tracce per rievocarla. Ma 24