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Napoli, Convento di Santa Chiara.
Bottega di Giotto,
Crocifissione.
gio plastico introdotto in città da Giotto e compagni; adattamento che nel corso degli anni Trenta, e nell'ambito del medesimo filone cavalliniano, è riscontrabile in modo analogo nel già citato ciclo di Storie di sant'Elisabetta in Santa Maria Donnaregina.
Giotto a Napoli e la nascita di una scuola di artisti meridionali
      In effetti il capitolo giottesco segna il momento più alto nella vicenda della decorazione a fresco a Napoli e nell'Italia meridionale. È con l'attività napoletana di Giotto e dei suoi che la capitale angioina assume la pittura - e in specie la pittura murale - come lo strumento più forte e chiaro d'una coerente «politica d'immagine» voluta ed orchestrata dalla corte; pittura dunque di tradizionale soggetto sacro, densa però di tutte le implicazioni che le tendenze francescane e pauperiste dei sovrani imponevano, ma pittura anche di soggetto allegorico e profano, o comunque di spirito laico, capace di dar voce alle istanze di una cultura per l'appunto «cortese», volta a volta erudite, «protoumanistiche», cavalleresche.