SU LA FELI JITA’ ec. 1*53
al nostro attaccamento. Non si deve mai chiuder gli occhi in faccia dell'onesta povertà. La povertà che entra nelle case di certe virtuose famiglie non per vizio di sistemi, ma per un giro di vie nie così ordinate dilli Provvidenz? , lungi di mi itire il nostro disprezzo, merita anzi tutta li nostra compassione . La più aul inre>i superbia è sol quell?, che induce alcuni ad isfuggìre l’incontro e la dimestichezza con que’congiunti, che hanno li disgrazia di esser poveri. L'uomo deve essere superbo qualora esercita una virtù . E’ forse una virtù il dissimulare di conoscere un uomo, nelle di cui vene scorre il nostro medesimo sa igue ? E* forse un’ambizione quella di vedere un congiunto povero esposo al disprezzo comune? L’ambizione adunque ci inviti anzi a sollevarlo . Dopo i congiunti vengono gli amici. So \o pure in uir piccol numero coloro che intendono il valore di questo sacro vocabolo! Sono pur pochi coloro che sanno essere amici ! Altro è amare in generale tutti gli uomini, alerò è l’essere attaccato ad un uomo solo, o a più d’uno con un piacevo^ vincolo di stima, e di uniformità di sentimenti^ Il primo amore si chiama carità, l’altro amicizia . Con un amore d’amicizia noi non potremo dunque mai amare tutto il genere umano. Tutto il genere umano non può mai essere in quella
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