LIBRO CXXXVII. lt vedere in privato al Papa, enei medefimo tempo gli Alemanni prefentarono fette conchiufioni al Concilio, ove dicevano, che la vìa di ceffone effendo la p ù certa per giugnere alla pace, ‘Giovanni XXIII. era obbligato ad accettarla puramente, e femplicemente, e di conformarli alla formula ftefa dalle Tre nazioni ; che s’egli la ricufava, réndevàfi reo di peccato mortale, e che il Concilio come giudice fovrano poteva ordinargli di cedere, e s’egli non ubbidiva, poteva impiegare contra lui il braccio fecolare a nome della chiefa univerfale. Giovanni XXIII. {paventato da tali minaccie, filmò dover cedere altempo, e fare di buona grazia ciò, che potevafi eligere da lui per forza . Egli venne dunque nell’ alfemblea il primo giorno di Marzo 1415. e in prefenza dell’ Imperadore, e de’deputati delle nazioni leffe la formula della ceffione in quelli termini : Io Giovanni XXIII. Papa premetto, faccio voto, e giuro a Dìo, alia Chiefa, e a quefto facro Concilio di dare volontariamente-e lìberamente la pace alla Chiefa per via di mia femplice ceffone del Ponteficdto, di farla e compirla effettivamente fecondo la deliberatone del prefente Condilo, ogni volta che Pietro di Luna, e dlngelo Corraro cederanno ìl diritto , -chepretendono avere al Ponteficato, e ■ancora in ogni cafo di ceffone, odi morte, 0 altro, al quale la mia ceffonepotràpr occupare /’ unione della Chiefa e /’ eflirpagione dello fcifma -, Quella formula fu approvata da tutto il Concilio, fuorché dai Prelati Italiani » xx. de’quali dodici Con 1’ArcìvefcoVo di Genova vi acconfentirono. Si cantò il Seflio-Deum, e poi Giovanni XXIII. intimò la feconda felfione del Concilio pel giorno Conali» feguente 2. Marzo . In quello giorno fu numerofiflìma l’alfemblea, edopolaMeffia dlC°-e le formalità ordinarie il Papa lelfe la fua formula di ceffone . Dopo le parole, Faca^ffVfr. ciò voto, è giuro a Dio, fi pofe ginocchione avanti l’altare, e dìfiè mettendo la mano r om xn. fui fuo petto, Sì, e lo prometto veramente. Dopo'quelle parole fi rialzò, fi afiffe, continuò la fua lettura, la quale effendo terminata l’Imperadore depofe la fua coro- t.’t™ ‘ na, fi pofe a ginocchio dinanzi al Papa, e gli baciò i piedi. Il Patriarca di Antiochia fece il fimile a nome del Concilio, e ognuno p'romife di foccorrerlo in tutto . Ma come il Concilio aveva àncora qualche motivo di diffidare del Papa, fe gli dimandò , che delfe fina bolla dì fua ceffone. Giovanni vi acconfentl, e diede una Bolla, in cui notificava la fua ceffone a tuttala, criftianità . La Bolla è data del due di Marzo, e fecondo altri del nove. Il dì io. Marzo, Domenica Lcetare, il Papa diede la rofa d’ oro, da lui benedetta xxr in quel giorno, all’ Imperadore Sigifmondo, il quale portolla in cirimonia per tut-Si propo-talacittà. Ciò non impedì, che il giorno feguente Sigifmondo nonadunaffieunanedlele£-congregazione per dare un Papa alla chiefa, il che era un dir chiaramente, che Gio-X^a. vanni XXIII. non era Papa. In queft’affembleà fi ribaldarono oltre modo gli ani- pa. mi, e fi' conchiufe, che le nazioni erano in diritto di far ciò , che gifidicalfero a propofito, e di procedere alla elezione di un nuovo Papa. Quella rifolùzione fece fcX.r.4. prendere a Giovanni il partito di fegretamente ritirarfi ; edubitandofi di ciò, fe gli fecero le feguenti propofizionì : eh’ egli llabilirèbbe pfoccuratori per fare la fua ri-nunziazione, e la confetmarebbe con una bolla : che non ufeirebbe di Collanza : che non feiorrebbe il Concilio, finché lòffie fatta l’unione, e che nìuno ufeirebbe furtivamente dalia città. Egli rifpofe, che il fuo onore, quello della Chiefa, e del Concilio richiedeva, eh’ egli faceffie la fua rinunziazione in perfona, e che ac-confentiva, che non foffie più tenuto per Papa, fe per mancanza di fua ceffione non fi faceffie l’unione. Finalmente promife di non feiorre il Concilio, fe non foffie eli in- to