Poesia Lib. IV. 22j> Qual facea nel patteggio Con non leggittim’ onda a i campi oltraggio. IX. Ed ecco il crin vagante Coronato di lauro , e più di lume, ( d ) Apparirmi davante Di Cirra il biondo Re, Febo, il mio Nume, E dir \ Mortale orgoglio Lubrico ha il regno , e ruinofo il foglio. X. Mutar vicende , e voglie ( e ) , D’inftabile Fortuna è ftabil’ arte ; Pretto da , pretto toglie ; Viene, t’abbraccia; indi ti aborre, e parte. Ma quanto la , fi cange : Saggio Cuor poco ride , e poc© piange. XI. Prode è nocchier , che il legno Salva tra fiera Aquilonar tempefta; Ma d’ egual lode è degno Quel, Che al placido Mar fede non pretta, E dall’ aura infedele Scema la turgidezza in fcarfe vele . XII. Sovra ogni prifco Eroe Io del grande Agatocle il nome onoro (/), Che delle vene Eoe Ben fu le menfe folgorar fe’ l’oro ; Ma per temprarne il lampo Alla creta paterna anco diè campo. XIII. Parto vii della Terra (g) La battezza occultar de’ luoi natali Non può Tifeo . Pur guerra Muove all’alte del Ciel foglie immortali. Che fia ? Seti Etna colto, Prima che morto , ivi riman fepolto . XIV. Egual fingerli tenta Salmoneo a Giove, allor che tuona, &arde; Fabbrica nubi, inventa Simulati fragor, fiamme bugiarde. Fulminator mendace Fulminato da fenno in terra giace. XV. Mentre 1’ orecchie io porgo Ebbro di maraviglia al Dio facondo, Giro lo fguardo , e fcorgo Del Rio luperbo inaridito il fondo , E conculcar per rabbia ' Ogni armento più vii la fecca fabbia .