311 Poesia L i b. IV. A lui s inteffe ; e s’ orna, e fi colora Delle grane più vive, onde s’accenda L’Idalia rofa in Terra , e in Ciel 1’ Aurora. Deh quel giorno dal Gange ornai rifplenda, Quel giorno , in cui la maeltà Latina Dalla Spoglia Reale adorno il renda. L’augufta fronte, oh come lieta inchina Del chiaro ingegno all’ ammirabil prova La gran Città delle Città Reina ! Divota gli offre Arcadia in forme nuove Gli antichi giuochi, che già un tempo offerfe La Grecia a Febo , ed a Nettuno , e a Giove . Già del barbaro nome, onde fofferfe Sì acerbe ingiurie il Tebro, e lunghi affanni, L’odio vetufto in puro amor converfe ; Poiché (pera a ragion dopo tant’anni, Che un novello Annibai colle bell’opre Tutti reflauri dell’antico i danni. Ma già più dell’ ufato a me fi fcopre Quanto con denfo impenetrabil velo L’età futura a gli occhi altrui ricopre. Son giunto pur alfin, fon giunto al Cielo, E ciò , eh’ entro i Tuoi abiffi io veggo aperto , A te, calla Siringa , a te rivelo. Veggo, che più d’ un gloriofo ferro Di propria mapo alle fue chiome inteffe, E d’ altro , che di fronde, adorna il merto : Veggo, che un giorno per quell-orme iiìeffe, Che dagli anni più verdi a calcar prefe , E trova ognor di maggior luce imprefie ; Sì, veggo sì.......ma perchè a udirlo intefe Correan Ninfe, e Pallori, a cui non piacque Far del deltin tutto il voler paleiè , Ruppe nel mezzo il canto, e il meglio tacque. Fra l' Egloghe di buon fapore credo ben io , eh' egli s abbia ad annoverar la prefente . Vaga ne è l’ Invenzione , e fi fcuopre giudigiofo artifizio nell' introdurre a favellar d' argomento piu che paflòrale un Dio , cioè quel medefimo Dio , che è Poeticamente venerato dall' Accademia degli Arcadi, e nell' interrompere con accorta grazia o le lodi del regnante Pontefice, o fui fine le predizioni per lo fuo dignjfimo nipote . Quello , che ancor può dilettarci , fi è la bellezza non pompofa , ma naturale , pura , e numerofa dello Stile , che qui s adopera . Non ne appare gid la finezza a^/t occ^t di tutti, ma non per queflo è meno da /limar fi ; anzi è talora quefla forma di poetare piu prezzata nel Tribunale de' Lettori dilicati , i quali quanto piu