t> E L D Ò M I N I "O D I G O M A C C H I « . # fàucOtu Romano abbuierai Cfoitates ( Liutprandus ) reddere promijìt \ e dopo : pacem cimi Ducatn Rumano ipfe Rex in viginti confirmavit an* nos . Qui non ci ha che fare l’Efarcato . Anzi dopo alcuni anni , perchè Liutprando di nuovo minacciava Ravenna , Zaccaria a folo oggetto di fofìenere Eutichio Efarco , e di giovare a’ Popoli delPEfarca-to, fi portò a placare il Re fuddetto , e ftabilì il trattato a prò del-f Imperadore , inito eonflituto ( dice Anafìaiìo ) ut ujque ad Kal. ^Jùlias cum ejuc Miffi a Regia Urbe ( Confìantinopoli ) reverji flunt &c. Ma fot-trattili finalmente i Romani dal Dominio dellìmperadore fotto Stefano IL , egli è offervabile , che quefìo Pontefice nella Lettera ai Re di Trancia, che è la VII. del Codice Carolino, fcritta dopo deprefiò Aifìulfo , e fatta la Donazione di Pippino, applica la parola di Refli-e tuzione alle Giustizie di S. Pietro, e parlando delle cofe promeiTe da Aifìulfo , non nomina folo S. Pietro, e la Chiefa di Roma » di cui erano i Fondi, le Mafie, i Cenfi , i Patrimonj, ma nomina anche la Repubblica Romana , la quale probabilmente pretendea , che a lei toccaffe il Dominio Sovrano , efclufone , benché men giufìamente , 1 Imperadore : JSIee unius enim palmi terree Spati um JB. Retro, Sancì<&que Dei Dcelefiee , vel Reipùblzcae Romanornm , reddere pajfùs efl, dice il Pontefice. Dall-’attenta confiderazione de9 quali fenfi , polliamo intendere , che I patti con JPippmo riguardavano bensì futile della S.Sede» ma non efclufero il Gius pretefo del Senato , e Popolo Romano , il quale volea ricaduto a fe , ed al Pontefice , quel Domìnio , che dianzi aveann gl’Imperadori, Il perchè in tal fenfo è probabile, che chiamafiero re* Situiti gli Stati occupati da Aifìulfo. E leggali attentamente U Lettera Vili, di Stefano al §. quapropter . ff. IV. G iurifdizione di Rìcino* e di Cario Magno Re flpra ? Efarcato 9 e Sopra altri Stati , dopo le Donazioni . DAI che parmi di ricavare , che allora il Dominio de’Sommi Ponte-*. fici poteffe confifìere nell’ efiere , non già eglino Padroni affolutì di Roma, e dell’ Efarcato , ma nell’ efiere Capi, e Duci della Repub* blìca Romana , mafiìmamente fapendofi, che il Senato Romano e prima», e in que’ tempi , e alcuni Secoli dopo , godette una Podefìà ben diver* fa da quella de’ tempi nofìri . E così avvenne d’ altre Città d’Italia » il Popolo delle quali era il padrone, capo i Vefcovi, e ognun d’elfi po* feia Subordinato o a gl’ Imperadori, o a i Re d’Italia . Inoltre egli non è chiaroficcome dilli , qual fofie allora il Gius temporale de’ Sommi Pontefici: perciocché Pippino fìeffo, e Carlo Magno furono Patrizj di Roma ; e quefìo nome non conferiva folo 1’ efiere di Cittadino Romano » ma era una Dignità 9 che portava infieme Giurifdizione 9 e Dominio