d i K Muratori. iU che meritamente fi ha del Petrarca. Ma non affai per avventura fece quel valentuomo. Può effere, eh’ egli non avvertifse tutto ciò , che quivi può forfè feufarfi , non può lodarli ; ed è poi certiffimo, ch’egli troppo rade volte accennò i luoghi più belli , e le virtù di quelle Rime eccellenti. E perciocché utile bensì e lecita cofa è, il penfurare gli altrui difetti, ma più utile e lodevole fi è il pubblicare ancora nel medefimo tempo i pregi loro; il Talloni, che di ciò tardi s’avvide, e ne fu ancora querelato dall’Aromatario , entrò pofeia in penderò di regiftrare in un’altro Libro Je bellezze delja Poefia Petrarchefca, Ma non gli dovettero permettere je fue occupazioni di efeguire una tale imprefa . Ora io nell’ ozio della villeggiatura dell’anno 1707. determinai di tentar’in parte quello, che intendea di voler fare una volta il Talloni. Ed ecco la fatica allora da me fatta , ove fembra a me d’aver tanto con franchezza accennato ciò, che qui non finifee di piacermi, quanto con fincerità efprgffo tutto quel di Bello, che ho creduto più precilametit.e degno d’offervazione . E ciò facendo, io mi fon figurato di ammaeftrare non già i Maeftri , ma bensì que’giovani , i quali dopo aver bevuto i precetti d’una buona Teorica Poetica , fi mettono pofeia ad affaggiarne la pratica ne’verfi altrui, e a farne pruova ne’proprj . Certo fra’Lirici Italiani il Petrarca è un’ efquifi-to modello della miglior Poefia; e non sì facilmente fi può fperare altronde tanta copia , di virtù Poetiche,. Ma il Petrarca finalmente non fu impeccabile, cioè fu aneli’egli Paggetto ad imperfezioni, e dirò eziandio ad errori. Se Demoftene a Cicerone, Omero ad Orazio parvero talora dormire * come non potrà parere talvolta lo fteffoa noi del Petrarca? E non c’è mica neceffità d’effere o Tullio, o Orazio, per giudicare de’grandi uomini. La Ragione è quella, che giudica, e che fa rifpettare gli fteffi giudizi di quegli autentici Cenfori. A quella mi fon’ingegnato anco«’io d’aver fempre mai riguardo; e quando io non l’abbia colpita (il che non è fempre venuto fatto nè pure al Taffoni ) ciò farà fiato o per debolezza del mio Intelletto, o per Ignoranza, e cattiva applicazione delle buone Regole, e non mii per paffìone , e molto meno per vano defiderio di criticare ; concipffìacofacchè io mi fento ben più defiderofo di lodare da per tutto, che di biafimare, ancorché poche volte il Petrarca. Di.ffi di biafimare il Petrarca, e diifi poco bene; perciocché altro è volerla contra quel celebre Ingegno, ed altro è il cenfurare, o fia il non approvare qualche Componimento , o verfo di lui . Temerità, e fciocchezza farebbe il primo ; ottimo configlio può effere il fecondo ; perchè quello può ritornare in benefizio altrui, fenza intaccar la riputazione dell’Autore Ilgffo . Con .tutte le cenfure del Taffoni , e mie , non lafciano , e npn ¡afferanno mai d’ effere le Rime del Petrarca, generalmente prefe un’infigne .efgmplare dell’ottimo Cullo ; e non lafcia, nè lafcerà mai il Petrarca d’effere .quel Angolare Poeta, ch’egli è , e che io al pari d’ogni altro filo partigiano profeffo di crederlo , e dico che s’ha da credere e riverire . Era egli un’incomparabile Ingegno; e fe sol fentiamo .tale in tutti i fuoi yerfi , non è per difetto , o colpa di lui, ma per altre cagioni , Nafceva allora , per .così dire , la Lingua, e la Poefia Volgare Italiana; il Petrarca fteffo fui principio non compofe Rimeinque-ita Lingua colla mira di pubblicarle , e non gli nacque in animo fperanza di riportarne ap-plaufo . Anzi.furono divolgate le medéfirae , parte fenza confe.ntimento di lui, g parte fenza la fua lima. Ecco ciò, ch’egli dice in uno de’fuoi Sonetti: 5" io avejji penfato , che sì care FoJJin Je voci de' fofpir mie' in rima, Fatte f avrei dal fofpirar mio prima In numero più fpeffe , in Jlil più rare. Adunque non s ha alcuno a fiupire, fe tutti i verfi Tofcani del Petrarca non portano in fronte il privilegio della perfezione , e fe non tutti poffono efigere que’ fublimi elogj, che pure fon dovuti generalmente all’Autore loro . E chi di grazia farà quei sì tediofo e cieco ammirator del Petrarca, il quale ,0 pretenda, che niu.n difetto fi truovi nelle Rime di lui, o trovandovifi quelli, li voglia da ciaffuno rifpettatT con un religiofofilenzio? O la Prudenza, che faggiamepte teme per le file /palle , o Ja Carità Criftiana , che dee fidamente volere il bene altrui, fa che tacciamo fp.efso , e che dobbiamo anche tacere, gli altrui veri morali difetti . Ma nel palefare i difetti delle Scienze e dell’ Arti , quali appunto fon quelli, che poffono in quello Libro capitare a noi per le mani, io non fo vedere, nè che io debbia temere , nè che altri polla di me lagnarli ; anzi fo all’incontro effere internile del pubblico , che in tai cafi la Verità apertamente e francamente fi fveli, giaccfiè a tutti importa il conofce-re il Bello, e il Buono per feguirlo, e il Brutto e il Cattivo per ifchivarlo . Può , egli è vero, peccarli ancor .qui contro alla Prudenzaqualora fenza le doti neceffarie al buon Giudice , fi prenda à fare l’altrui Cenfura , e maffimamente fe contra uomini grandi e celebri . Ma io quantunque non mi attribuifea già un’ingegno, e fapere uguale al divino Petrarca , e mi fia nottkciò, che in tale propofito ha fcritto Quintiliano ; pure non folo dal mirarèi, che