Capitolo III. 69 Sovrano popolo è in arbitrio, e potere di non voler dar ingreffo nei proprio Stato ad una mercanzia, di cui anche abbifogni, ma non fi curi. E perciò vediamo, che anticamente (a), e di prefente in mol-(<0 VedìBoe-ti paefi è interdetto dal governo con rigorofiffime pene 1’ admettere, citato?»^ e comperare certa fpecie di merci : o per motivo del danno, che ai- pra. lo Stato provenir ne potrebbe, o per eccitar l’induftria degli abitanti, o per impedire, che gli ftranieri a loro non traggano il danaro dei proprj fudditi ( b ). Convìen però confettare, che inumano fareb- ( b ) Il favio be il vietare a un uomo di vendere ad altri qualche mercanzia, eh’ effi accettar vogliono, e di cui egli abbonda, per procacciarli, e prov- bucala prefo vederli col ricavato il neceffario Tuo mantenimento. una tale deli- §. XIII. Si tiene ancora per un dovere d’umanità il permettere ^ifato^anno agli ftranieri, maifime vicini, di prender moglie tra noi, allorché pref- circa i drappi, fo loro mancano di donne ( I ), almeno che fiano della ftefla condi- e le manifat-zione. Sicché fé d’altra parte aver non ne potettero ,v e denegata pae°f^ c* folle una tal giufta dimanda , lecito loro farebbe di venire con la Se è dovere d' fpada a procurarne l’adempimento col prenderle di forza (c). Ma umanità il la-una tal decilìonc di qualche reflazione abbifogna • avvegnaché fequel- coglie tra noi li, che ricercano le noftre figlie, fono di pari effrazione a noi; in e gli ftranieri. oltre che nulla abbiano di rifiutante per le ftelfe , e uomini oncfti, CO^di^Bud-e appropriati alla parentela noftra s’attrovino ; indegno farebbe cer- intit. jurif. Hi-to, ed inumano il dar loro un rifiuto(2): il quale quantunque no-nfia fior. Specimen un $• 9- foftiene ; che pel diritto delle genti egli è ferme (fo ad ogn' uno di negoziare nelli paefi ftranieri in trafportandovi delle merci , di cui i nazionali mancano, e in rapportando da loro oro, argento, e altre cofe, di cui abbondano ; poiché le quelli fi contentano di quanto loro formfee il proprio pae-ie, in forza di che fi vorranno obbligare a comperare quant’altri vanno atra-fportarvi ? Vedali Fiat, de leg. Lib. Vili, e Gefar de bello Gali. Lib. IV. Cap. II. e la Diffèrt. del Tomra. intit. de pretto affi?Elioni* in res fungib. non cadente. C1 ) Come P. E. fe un popolo, che non fia compofto, che d’uomini, vien cacciato dal proprio paefe, e fi porta a itabilire in un altro; o in vero fe una truppa d’ uomini intraprende d* edificare una nuova Città. Di fatti il Celibato è ripugnante al naturale di molti, onde è ragionevole, che fi poiTa cercar di rimediarvi nella più facile, e opportuna maniera , qual é appunto quella di richieder donne alli vicini ; non potendo poi una moltitudine durar fenza donne, fe con una fola generazione : come riflette Floro Lib. I. Cap. I. Res erat unius ¿tati* , popuius virorum. (2) Per quello appunto molti voglioso fcuf&re il ratto delie Sabine fatto dai Romani. Sopra di che però le opinioni fono affai divile. Dionifio Alicarnaffèo dice , Lib. I. Cap. 30. che con ciò Romolo fi propofe di voleracquiltar l’amicizia dei fuoi vicini. Poiché quantunque ufaflé violenza, credette jperciò che un tal cattivo principio proibirebbe In fe-guito un buon effetto; per quello cheli rapitori avrebbero trovato con facilità i mezzi di rapacificar le lor mogli , in rapprefeiitando loro la violenza dell’ a-more, che gli aveva trafportati a rapirle : e i loro parenti, in proiettando loro, che la neceflìtà gli aveva indotti a cercar le loro figlie, non già penfiere d’ oltraggiare efli, e lemedefime. Ma quello non è già un buon mezzo di procurarli 1’ amicizia di tal uno . Segette antico Signor d’Alleihagna ìlon fi riconciliò già coi^Arminio fuo corapatrioto, che aveva rapito fua figlia di già promeffà ad un altro. Vedi TaC. annal. Lib. 1. Cap. LV. Al contrario la nero, e Suocero ben lungi d effere un legame di concordia > fu una nuova Temente di divisioni fatali a loro , e al P