Capitolo I. 5 1*amore, che la natura infpira a ciafcuno e per fe dedo, e per quan. to gli appartiene, è così grande, e invincibile, che non fi potrebbe tener di refpingere per tutte le vie poflìbili chiunque cerca di danneggiarci o nella vita, o nelle fodanze. Nè i doveri, che da quella derivano, tendono foltanto a mettere in ficuro dalle altrui infidie la vita, il corpo, la libertà, c la riputazione nodra, ma ancora a confervarci tutto ciò, che in forza d’ una qualche convenzione, o di qualche umano ftabilimento fi ha acquidato, che ienza un tale giudo riparo intieramente inutile diverrebbe . E però in qualunque maniera ci appartenghi legittimamente una cofa , e a qualunque titolo fi poífeda jurídicamente, egli è proibito agli altri di prenderla fenza Taifenfo nodro, di guadarla, di danneggiarla, e d’impedirci l’ulo della medefima . Ogn’uno conofce 1’ equità, e la giuftizia d’un tale dovere 'y (i) di maniera che • non v ha nejfuno tra gli Jlejfi briganti , e affajfini , che non volejfe piuttojlo arrivare al conseguimento delle derubate cofe fen^a commettere critninofe anioni, che per me^ppo delle medefime: lafciò ferino un antico. (2) &. II. Da queda malfima ne viene, che dopo aver fatto del male ^ h!a, a taluno , che legittimamente a noi imputar li poda, convien ripa- convien riparai-pararlo, in quanto fia poflìbile * altrimenti a che ferverebbe, che lo. foffe proibito dalie leggi l’apportar danno a chi fi fia, fe poi quel tale, che caufato lo avede, non fode obbligato per le dede leggi a rifarcirlo? Oltre di che il tralafciar tutto ciò farebbe motivo di continui contradi, diffenfioni, e guerre fatali alla iocietà * mentre quel tale che pregiudicato fi vede contro ragione, mai, fe non ri dorato de’fuoi di-lcapiti, in pace non potrebbe edere con chi l’ha malmenato sìa torto, e gli uomini cattivi come fono, fenza un tal freno di dover ridorar ì danni dati, giammai non s’aderrebbono da farfi del male gli uni agli altri. Conviene però avvertire, che non li è tenuto al riparo del male, che per opra nodra altrui è avvenuto , fe quede tre condizioni non concorrono * vai a dire : 1. Che fi abbia caufato un tale danno , che proibito fia per qualche legge naturale, o pofitiva. 2. Che 1’ azione, da cui è provenuto il danno, fia fatta per colpa nodra, fic-chè la volontà abbia qualche parte, o direttamente , o indirettamente alla deda. 3. In fine che quegli , che riceve i! danno, non vi accon- ( 1 ) Cicerone ottimamente riflette : che non vi ha ninno , che non defideri piuttorto fòddisfarfi fenza delitto •, quand5 anche forte ficuro di non venire punito. Quis efl emm , a ut quis unquam futi aut avantia tum ardenti , aut tam effrenatis cuptditjtibus , uteamdem illam rem , quam adipifci J'eelere gratis velit , non multis , partibus malit ad fefe etiam omni impuntiate propofita fine faci note , quam ilio modo pervenire, d-Fra. Uè. iti.,, Imper-ciocché chi v’ ha, o chi mai vi fu do- ,, minato da sì forte avarizia , o traipor-„ tato da altre padroni sì gagliarde, che „ quella fteflacaia ohe conl'eguir ii prefig-„ ge a corto di qualunque icelleratezza ^ „ per ogni ragione non voglia più torto „ ottenerla fenza delitto , anche porta la „ fperanzadell’ impunità, che coriftguir-j, la in quel modo. . ' ■ ( 2 ) Nuliujex;fin quiraptvyivunt hd dia qute latrociniis confiquuntur , & furtis , malti ratione bona , quam delitto pervenire . Senec. de Bene. I.iv. c.xvix. >