Co fa fisi dumo. à Libro Terzo» acconfenta* poiché fe quel tale dà il iua confenfo fia diretto, o indiretto con le reilrizioni polle qui fopra lib. I. cap. vii. 17. Ir proibizione della legge ceffa, e in confeguenza anche l’obbligo di re-ftituire. ( i) Premeffo tutta ciò , ora paiììama a fpiegare cofa fia danno ( 2) .. III. Il danno quantunque propriamente non fi dica, che d’una lefione , che alle efleriori cole fi riferifce, qui fi prende in un fenfo piu eilefo, che inchiude ogni forta di lefione , e di pregiudizio, fia ri-fpetco alla, perfona nollra , fia rifpetto ai noilri beni, e all* onore, e alla riputazione nollra *. Bifogna adunque intendere perciò : Ogni di-fcapito, alterazione, diminuzione di quello , che attualmente Jì pojfede agni ufurpagione di ciò, che fi poteva pretendere in rigore d'un jus per-fetto tanto naturale che civile ( 3 ) : Ogni omiffione infine , e rifiuto di quello y che tal uno doveva fare per noi in forga d'una obbligandone perfetta (4). Ho detto in forza d’una obbligazione perfetta, (5), poiché quanto * (li Queite tre condizioni non fi dovevano tralasciare dai Puft'endorf, mentre fono la. chiave delle decisioni tutte , che Sì faranno in questo Capitolo . Siccome lo nota faggiamente. anche il Barbe irac in n tis ( 2.) E1 tanta 1* importanza d’ un tal dovere di restituire , che niuno Se ne g iò difpenfare a giusto titolo ; li Principi, e Re più grandi vi Sono tenuti , come appunto i fempliei particolari : ficcome fedamente riflette il Grozio de de jure beili & pac. Iib. ir- cap. xvn. io. ove dà un eSempio di ciò con tali parole: Ex negleSu te ne n tur Reges aut Magifiratus y qui ari inbibenda latrocinia , piraticam non adbìbent ea, qute poffunt, ac de bene rimedia .. (3) IlTitio obferv. 155.avverte,, che nel jus Romano s’intende ordinariamente per danno,.un femplice pregiudizio , o danneggiamento di qualche cofa , che fia nel numero dei beni, che fi poilède, prodotto direttamente dalla perfona medesima , che n’ è l’Autore. Ma una tale ipotefi è fondata unicamente fopra la legge Aquilia , e non ferve che a distinguere le varie azioni , che intentar in giudizio-potevanfi, che fi, diverfificavano fecondo certe circostanze. (4) Notiamo coll’Eìnezio fuo ju&nat. Iib. 1. cap.. vn. 88. che fi può cagionare dèi danno-a tal uno guastando P anima, e lo fpirito e il cuore fuo con terrore, con le falsità , e col vizio ; danno tanto più confiderabile, e da fchi-varfi , quanto che è irreparabile del tutto quafi fempre, ma Sii me quello che riguarda il costume; poiché nulla vi ha di più difficile , come il voler far rinvenire un. uomo dalle malvagie difpofi-zioni, dalli cattivi abiti , che gli fi ha fatto contrarre , o che fi ha contribuito a fortificare nello Stellò *, il quale danno poi maggiore fi fa ancora rispetto a coloro, che destinati, fono a initruire , ed educare la gioventù, nel cafo appunto che la pervertiscano, e alla ignoranza la portino, in tempo che migliorar la dovevano, e illuminare : indegni uomini, che alla focietà, non che ai particolari in estremo perniziofi riefeono. ( 5 ) Il PuiFendorf più paratamente efprime le azioni proibite per queita prima legge del naturale diritto , nel fuo ristretto dei doveri dell’uomo, e del cittadino lib. 1. cap. vi. §. 3* Qui fi contenta. di rapportare un Solo efempio particolare , che anche noi col Barbeirac Stimiamo, che meglio Stia in una nota, di quello Sìa nel tetto. Egli lo cava dalla Declamazione XIII. di Quintiliano . ove foltienfi , che un uomo , che avvelenato aveva i fiori del fuo giardino , e con tal maligno espediente fatte morire le api del fuo vicino, era reS'ponSa-bile del danno patito dal patrone delle Steflfè: La ragione fua principale e adottata dal nostro autore, fiècheleapi ef-fendo infetti vagabondi, che non fi ponilo accostumar a fiiTarfi in.unfol luogo per raccogliere il fuo nutrimento; perciò da per tutto ove fi ha diritto di, poter tener alveari, fi reputa del pari ancora d! avere una fpecie di diritto di Servitù fo pra li fondi vicini, in forza del quale: eia-