del Commercio.P. III. 28?
  cioè la nona parte del denaro che aveva nel Tuo Teforo.
    Se la nona parte di quel Teforo bailo a Roma per riftabilire la circolazione , fembrerebbe che la erezione di un Banco generale in un Regno o la fua utilità non dove'iTe giammai corrifpon-dere alla decima parte del denaro che vi circola, e quando non ne venga rin-ferrata alcuna porzione , egli non foife di alcun vantaggio reale e durevole, e a confiderarlo nel fuo valore intrinfeco, non potrebbe eflere riguardato che come uno fpediente per guadagnar tempo.
    Ma un accrefcimento reale della quantità del denaro che circola è di una natura affai differente . Noi ne abbiamo parlato altra fiata, e il Teforo di Tiberio ci dà occcafione di dirne ancora una parola . Quefto Tc io lo di due milie fet-tecento milioni di Seilerzj lafciato alla morte di Tiberio, fu diifiparo dall’Imperatore Caligola fuo fucceifore in meno di un anno . Quindi non fu mai a Roma così grande abbondanza di denaro ficcome allora. E quale ne fu P effetto ? Quefta quantità di denaro immer-fe i Romani nel luifo , e in ogni forta di delitti per mantenerlo . Ufciva ognan-no fuor dell5 Impero più di feicento mille lire (lerline per le merci delle Indie, e in men di trenta anni l’Impero w*                 N           fi ri-