# * VI dere, se così può dirsi, il succhio suo soprabbondante sópra le altre Nazioni, per ricevere in concambio da esse i prodotti degli altri climi e paesi, se di quelli ha bisogno ; ovvero l’oro e l’argento, se di essi piuttosto ha bisogno. Ora questi metalli non nutrono per se stessi, non estinguono la. sete, non riparano dalla ingiuria delle stagioni, nè i loro amplessi hanno nulla di pruriginoso, e di caro. Il loro uffizio, siano in verghe e sbarre, o coniati in moneta, non è che di essere lo stromento delle nostre contrattazioni, c il segno delle cose. Ma il segno appoco appoco si usurpò il credito della cosa rappresentata, e si arrogò nella volgar opinione i primi onori, com’è succeduto dei titoli, delle divise , e di tutti gli altri segni' del merito e della virtù, che poi dispensarono dal merito e dalla virtù. \ ' - • Che codesti metalli siano un segnò di convenzione, non v’ha dubbio* Molti popoli non li conobbero per tali, come i Messicani, e i Peruviani avanti la scoperta dell’ America ; nè potevano comprendere, come da noi si pregiassero cotanto, abbenchè poi lagrimando il - compresero. Altri popoli si servirono di altri segni; chi del sale, chi delle conchiglie, chi del pepe, o delle noci di cacao, o del tabacco. I Greci antichi de’tempi eroici, valutavano le cose di maggior prezzo dal numero de’buoi, come si vede in Omero. Gli Spartani non ebbero lungamente che moneta di ferro', e i Romani fi-