— 27 — strino avanzo il denaro con aminirazione, e morliGcazio-ne insieme dei detti operai. Non tanto li cibi, e dena-ri, ma ancora altri generi di roba in opportuno teinpo moltiplico il nostro Beato; come a Virginia Curcio, che avendo in elemosina dato al Servo di Dio una gran quanti ta di bocci da seta presi in un mezzo tumulo misura-to, quando di nuovo tornossi a misurare, non solo giu-sta ritorno la misura, ma ancora in maggiore quantita cresciula. Dal che evidentemente si scorge, che la gran-d’ impresa della fabbrica della Ghiesa di Longobardi al-tro non era se non se opera della mano di Dio, ed ef-fetti della sua Divina Providenza, in cui tutta la sua fiducia avea il nostro Beato riposto. CAPO VIII. Ri torno di Niccola in Roma , in cui nuovo tenore di vita conduce : viaggio intrapreso net primo anno det suo ritorno in Roma, e portenti in quello accaduti. I. Non erano dalla infinita Providenza di Dio per teatro delle virtu, e Santita di Niccola le sole provin-cie delle Calabrie destinate ; ma bensi il mondo tutto cattolico hella vasta Citla di Boma compendiato ad edi-ficazione dei popoli , ed esaltazione della nostra cattoli-ca santa fede. Quindi e, che nell’anno 1697 incirca il Servo di Dio da Superiori in Boma chiamato , e nello spazio di pochi giorni arrivato , subito in quella vasta Citta la notizia sparsasi dei suo arrivo, a folia, ed a litti gruppi la gente di grado e condizione diversa, in S. Fran-cesco di Paola a Monti per pariare coi Servo di Dio porlavasi. Tanto piii che da Superiori non piu tenera pianta nel vasto campo della virtu stimavasi Niccola , che d’ uopo fosse con gelosia cuslodirlo, e da quei pe-ricoli preservarlo , che avanti la partenza per la Calabria prudenlemenle lemevano , ma bensi nella virtu, e perfezione in si fatla guisa cresciuto , e radicato cono-