I T B Ò do da noi tutti i penfieri3 che ci p affino portare pregìuditio3& offufcare l’h£ gegno, & la ragione 3 confiderando che l'aftinentiaguarda l'huomo dal peccare Jafobrietà fa l'ingegno fiottile3 e il digiuno per l’ampio della tauolafa Legge de iraJ & fobria de Titagoricici,fa uiuere lungamente. La legge de' Bracma-ra^nam K • tale3che ella nonpatiua3che alcuno entraffe nel loro collegio 3 che non potejfe aflenerfi dalla carne A uino3& dal peccato. Etfe noi porremmo ben mente al xxxv. lib. di Tito Liuto 3 noi trotteremmo3cbe il digiuno fu offerita to p gli antichi 3quando et dice3che commandando il Senato all'vfficio de dieci huomini di riguardare i libri Sibillini3$ intendere il Significato d’alcuni prodi gif efìi riffo fero 3che bifognaua di cinque in cinque anni ordinare i digiuni in honore della Dea Cerere. Ma quanto alla continenza 3 ella è vtile all’anima, & al corpo3 come moftrano i facerdoti degli Mteniefichiamati Hierof antes, i quali fi cafirauano col bere il fugo di cicuta. TS[è bafia quello fidamente 3an-dfi bifogna /fogliarfi d’ogni ajfettione3 &paffione particolare3come dice Cice rotte nelle fue Questioni Tujculatte 3 chiamandole peflifere malattie dell'animo onde in cambio che gli antichi penfiauano di lauare con l’acqua i loro peccati lauiamo noi con la penitenza i noflri cuori. DELLA NOBILTÀ, VTILITA, ET VSO DELLA Medicina . Cap. X X X11. L’arte di T ’^Lrte del medicar e3fecondo che le fiacre lettere ci infiegnano3e più tofto medicar è j dono d’Iddio 3che inuentione d’huomini3doue fi legge 3 Honorer ai il me Dio° C dtco3 perdoche egli è siato creato dall’ altijjìmo per li bifogni humani. Oltra di quefio i gentili anchora vogliono 3 che gli Dijfuffero di quefla arte inuett-tori3 onde hanno fempre dato diuini honori a lfide3ad apollo 3a Efculapio 3 e a molti altroché fingttlari medici fono ftattiet che fia il vero3eglino dedicoro-nojfacrati tempi] a Chirone 3 a Machaone 3 a Todallrio3 a Hippocrate 3& a Hermagora. Quefle cofegià confirmo Hippocrateficriuendo agli Mbderiti di cendo3che la medicina era dono d’Iddio3 e da ogni feruitù libera 3 & che egli non haueua mai prefio mercede alcuna per l’opera fua. E in una epifiola 3 che ferine a Filemone dìce3che la medicina fintile al uaticinio3percioche di queste due arti è appello un medefìmo padre3 il quale predice l’infirmità 3 che ue-ntr debbono3 & fana anchora coloro3che da infirmitàfono opprejfi.Di qui uie ne3chefidice3ehe Titagora3Empcdocle3 & ^tppollonio3 hanno guarite l’in-dLl’r h'1110 non tant0 con herbe3quanto con parole.Et Emagro pefaua3 meo depen dbaue/fe da purgare l’animo dell’infermo confante ammonitione 3 & fiorate «leda Dio orationi 3che fi haueffe cura alcuna del corpo 3il che faceuapcioche la medicina offendo qua giù p diuina arte difcefa3 con arte diuina fi debbe effer citar e ; etfappiamo che l'animo depede da Diote il corpo dall’animo.T^o è egli uero, chegli