# i B ff o & diffimularlo come prudente. Le ingiurie,che toccano rnell'honore j & che uengono fatte da huomini, de' quali nopoffiamofar vendetta,è fano configlio a Inficiarle andare ,poi che non fiponno -vendicare. Se in quefti travagli preferiti volete pigliar laftrada dell'hitomoprudente,metteretegli occhi nongià Perche i d in colui,che ui perseguita,ma negli Dei, che lo permettono,nella pfentia de i dio ne ma quali ui trouerete tanto in colpa,che è poco quello,che patite ricetto a quel-done5011 ^°^je meritiate di patire. ^Lnchora ben dovete uoi confiderare , che le tribù lationìòi,chegli Dei permettono, non fono per perderci con quella , map prò uarci,pcioche ne’ libri degli Dei a ninno è notato il falario,fe no a quello,che è atto a patir trattagli,ma ne’ libri del mondo a ninno danno falario, fe non à quelli, che fono inclinati a’ piaceri,& alle delitie. Volete voi,che io ui ferina, che cofa èira ,& la fua diffinitione ,per veder fe potete perder la colera,che hauete contra colui,che uifece l’ingiuria? Saper che cofa è Ira, & domandarla,non mi pare cattino configlio,pche intefa la verità,alcuna uolta è più fìcuro all’ingiuriato difiimular l’ingiuria,che uendtcarla.^iriflide dice che l’ira non è altro, che un monimento di fangue, & vn’alteration di cuore . Cicerone dice,che quello, che i Latini chiamarono ira, i Greci chiamarono desiderio di vendetta . Efchine diceva , che l’ira fi genera dal fiato del J cal°r cuore • Concludono molti, che ui è gran differenza 1 ’ fral’ Ira ,& l’iracondia ,& la cattiva natur a. Il divino "Platone dice, che lacolpanon è nell'ira,ma nella ragione,onde ella nafte. Laertio dice, che quando la pena eccede la colpa,all’hora è vendetta,e non zelo, ma quando la colpa eccede la pena,è zel°> & non vendetta. I privilegi dell’Ira fono , non credere agli amici,effer fubito ne’ fatti,haver accefe le facelle,adoperarpre fio le mani,haver la lingua fen^a freno,dir per ogni parola qualche malitia>-ft'iZZarfi per ognipicciola occafiione,& no ammetter alcuna ragione. S olone Saloninofu dim andato,qual farebbe quello,che fipoteffe dimandar iracondo; riffofe,quello che fiima poco il perder gli amici,e ftima in niente il trouarfi ni mici. ^Lppreffo tanti, & cofigranfilofofi,quello che in qucftocafo io direi j è che’l vitio dell’ira è leggiero da fcriuere, facile da pfuadcre,piacevole dap* dicare, utile da configliare,& difficile da raffrenare. Di qual fi voglia uitio.fi può dir male,ma del uitio dell’ira fi può dir molto,et molto più male; perciò • che l’ira non fola ci fa diuentar matti,ma anco è cagion,che ognuno ci porta odio. Temperar l’ira è cofa molto uirtvofa,ma cacciarla uia del tutto, è cofa molto più ficura; perche tutto quello che in fe è cattivo, & che di fua natura, ne porta danno,con più facilità fi riceve,che non ci abbandona.prencipfi molte cofe fono in potestà noftra di poterle torre, o lafciare ; ma dapoi che ui fono alloggiate, & c’hanno tolto il poffeffo in noi,fe per forte , la ragione fe gli leva cotr a, dicono che non vogliono andarfene ,poi che già fono i poffeffo. É cofi cattiva copagnia l’ira che i una fola uolta 3che noi le doniamo il noftro uo lere.