3 L'ILLUSTRAZIONE DELLA GUERRA i: LA STAMPA SPORTIVA il'lIMllWMllllt Targhe, Coppe, Diplomi PIE TRO LAN DI - Mila no ■ VIA eeRGAMO'44. - TMnlnno lt-70« Catalogo Gratis a richiesta I/B V O CI DALL'ALTO Il Proclama del nostro Re Soldati di terra e di mare ! L'ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l'esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell'arte, egli vi opporrà tenace resistenza, ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo. Soldati ! A voi la gloria di piantare il tricolore d'Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra. A voi la gloria di compiere, finalmente, l'opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri. Gran Quartier Generale, 24 maggio 1915. VITTORIO EMANUELE. • • Il proclama di Francesco Giuseppe ai suoi popoli. Ai miei popoli ! Il He d'Italia ci ha dichiarato la guerra ; un tradimento quale la storia non conosce fu compiuto dal He d'Italia contro i suoi due alleati. Dopo un' alleanza di oltre trentanni durante la quale l'Italia potè ampliare il suo territorio e spiegare una impensata fortuna di sviluppo, l'Italia ci abbandona e passa a bandiera spiegata in campo nemico. Noi non minacciammo l'Italia, non diminuimmo il suo prestigio, non intaccammo nè i suoi beni, nè il suo interesse, osservammo sempre i nostri doveri di alleati e le accordammo la nostra difesa quando andò in guerra. Facemmo di più : quando l'Italia rivolse i suoi cupidi sguardi sopra i nostri confini, ci decidemmo, per mantenere la pace e Valleanza, a grandi e dolorosi sacrifici che riuscivano particolarmente penosi al nostro cuore paterno. Ma la avidità italiana, che credeva di dovere sfruttare il momento, fu insaziabile. Si compia dunque il destino. Le mie armate, in fedele fratellanza d armi con quelle del mio altissimo alleato, hanno sostenuto vittoriosamente una gigantesca lotta di dieci mesi col potente nemico dell'Est. Il nuovo perfido nemico del Sud non è un avversario nuovo. I grandi ricordi di Novara, Mor-tara, Oustoza, Lissa che formano l'orgoglio della mia gioventù, lo spirito di Badetzhy, dell'arciduca Alberto e di Tegetthof che vive nel mio esercito e nella mia armata, mi garantiscono che sapremo difendere con successo anche a sud i confini della Monarchia. Saluto le mie truppe provate alla vittoria e i loro capi con fiducia che il mio popolo, al cui mirabile spirito di sacrificio devo la mia, profonda gratitudine, preghi l'Altissimo perchè benedica la nostra bandiera e prenda sotto la sua protezione la nostra giusta causa. * * Un po' del proclama dell'arciduca Federico. L'arciduca Federico ha emanato un ordine del giorno per tutte le truppe austro-ungariche da portare a conoscenza anche delle truppe tedesche a lui sottoposte. In esso ricordando le parole del suo Imperatore sull'Italia le riconferma dicendo che « esse caratterizzano l'abbiettezza del nostro nuovo nemico che compensa con un vergognoso tradimento decenni di fedeltà. Non un nuovo nemico onesto ci viene incontro a viso aperto, ma un alleato ci assale alle spalle. Spetta a voi, soldati, di castigarlo col ferro e col fuoco e mostrargli la strada che già gli mostrarono i nostri antenati a Mortara, a Novara, a Custoza, a Lissa. Vogliamo essere loro degni nepoti ! ». * * * Sono tre voci che vengono dall'alto. A giorni poi — ne possiamo essere sicuri sin da adesso — avremo anche quella dell'altissimo Kaiser che si farà seguire... o precedere da quella untuosa e sinistra del povero eunuco che spadroneggia sulle anime maomettane. Ohe splendido terzetto. Se Iddio diede all'uomo la parola si fu sicuramente perchè con essa avesse potuto esprimere i proprii sentimenti, mettere a nudo — malgrado lo sforzo di una ipocrisia mal velata e mal celata — tutta l'anima, tutto il proprio pensiero. E mai — come nell'occasione di questi proclami — V esplosione è stata sincera, e oi ha mostrato a nudo gli animi di quelli che han parlato. Il proclama del nostro Be ha tutta la semplicità, tutta la tacitiana eloquente grandezza dell'uomo che scende lealmente in una lotta, che rispetta l'avversario, che lo stima forte ed in questa stima dimostra il proprio valore nell'affrontarlo. E con quella cavalleria, che ormai è proprio unicamente di pertinenza della razza latina, non ama ricordare — come un qualunque Mannaggia La Rocca — le vittorie passate, dimenticando vigliaccamente le subite sconfitte, ma sorvola su quanto fu per ricordare ai proprii soldati due cose sole: badate che avete un nemico temibile e pensate al vostro dovere. E tutto ciò è grande, è bello, è sublime, e rende l'animo nostro pieno di gioia, di fede, di entusiasmo e di sicurezza ! Non smargiassate, adunque, non ricordi parziali e quindi poco opportuni, e molto meno incoraggianti quando la storia di quei nomi fa per forza ricordare certe strepitose cacciate dalle nostre terre, non spaventi di maledizioni dall'Altissimo, che è un po'di tutti e di nessuno, e che in questo momento sta dimostrando una vera e propria neutralità, ma placida, tranquilla coscienza di ciò che si vuole ottenere, ed incitamento doveroso per chi deve compiere lo sforzo per giungere alla vittoria. Come parla invece il vecchio monarca, e come lo segue — con un crescendo rabbioso e stizzoso da cane legato a catena corta — il suo degno successore? Con melliflua ed untuosa ambiguità di frasi, quando vuol farsi compatire e prepararsi l'alibi davanti alla storia e... forse davanti a quel troppo ed invano invocato Altissimo, con ira inai repressa poi, con urlo di padrone che per il mal 1 dirigibili che hanno bombardato Fola vigilano su Venezia. governo ha perduto i suoi servi e non sa più a chi chiedere aiuto, in ultimo. E giù bastonate sul tavolo, giù bestemmie come di un vecchio paralitico da tutti fuggito e sul di cui capo pendono orribili minacce... Oh ! via, via ombre brutte della nostra civiltà, tristi fantasimi della nostra storia, ricordi spaventevoli di ogni nostra rivendicazione ! via; uscite dalla vita in qualunque modo ; voi siete un passato Il Principe Umberto. (Fot. Argus - lastre Cappelli). di dolori e non avete più diritto a parlare in nome di patria, di libertà, di" civiltà! I vostri popoli sono ciechi, sono ancora troppo ciechi, ma anche essi, dopo questo vano, inutile flagello che voi voleste, per soddisfare il vostro istinto pravo- e bestiale, le ultime vostre voglie insane dovute alla triste vita vostra e alla ben più triste vecchiezza, i vostri popoli che briaehi di falso patriottismo, di stupidi sogni di egemonia ancora vi seguono e si fanno bestialmente ammazzare, insorgeranno anch'essi e guarderanno bene in faccia alle cose e si accorgeranno — e saran lagrime redentrici quelle che spargeranno — del loro errore, dell'abisso che voi ad essi preparaste, della grave sconfitta morale più che materiale che ad essi regalaste prima di passare — eoi carico dei vostri secolari peccati — nell'ignoto, nell'ai di là... Via! lasciate Ubero il passo a noi, alla civiltà che è nostra, che fu e sarà nostra, che non impone, non osserva, non costringe, non è nè tedesca e tanto meno turca, ma che è universale, è di tutti quelli che amano il mondo e lo vogliono grande, civile, morale. Il vostro proclama — vecchio imperatore — lo conosciamo da un secolo; è il vostro animo di dominatore senza scrupoli, senza leggi, è tutto il vostro animo nudo, nudo, e voi potevate anche fare a meno di scriverlo chè noi ce lo saremmo immaginato. Nulla toglie, nulla aggiunge a favore o contro di voi, è una centesima edizione del vostro catechismo. Noi seguiremo i consigli del nostro Ne, opporremo alle vostre minacce il nostro coraggio, ai vostri pugni ed a quelli dell' altissimo vostro collaboratore i nostri... e vedremo come andrà a finire. E sopratutto vi auguriamo che l'Altissimo vero — quello del cielo — vi mantenga vivo almeno fino alla fine della triste e dolorosa pagina che avete voluto aprire sull'orlo della fossa. Avrete in tal modo la soddisfazione di andarvene all'altro mondo con qualche doloretto in più... La Stampa Sportiva.