5	L'ILLUSTRAZIONE DELLA GUERRA e LA STAMPA SPORTIVA
quarto anno
E con chiarezza ugua-
le si è espresso il nostro
Corriere quando ha vo-
luto definire in poche li-
nee quale è e doveva es-
sere il nostro dovere, il
nostro programma, il no-
stro compilo perchè in
avvenire non abbia a
cadere il peggiore giu-
dizio dell'umanità sul-
V opera nost ra : Esso
commenta : « la guerra è
una impresa comune di
difesa e di liberazione ;
la pace non potrà essere
che un'impresa comune
di sanzione dei diritti
nazionali in una nuova
Europa. Se dalla pace
dovesse emergere una
Europa peggiore di quel-
la che fu sconvolta nel
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Il Se Giorgio d'Inghilterra visita il fronte francese.
remo a combattere vittoriosa-
mente, come fino ad oggi, fino
all'ultima goccia di sangue ».
La solita goccia di sangue che
ormai è diventato il pistolotto
finale di tutte le smargiassate
militaristiche, come l'altra frase
ugualmente vuota di senso co-
mune dell' ultimo uomo. Ed i
popoli ? E la fame che è pene-
trata sovvertitrice nelle ease dei
lavoratori che non pensano a pre-
domina e prepotenze ? Ben a
ragione uno dei loro uomini, l'ex
ambasciatore austriaco Lutzow
nel confessare sulla Neue Freie
Presse che nessuna impressione
favorevole gli derivò dalla pro-
posta di pace avanzata dalle po-
tenze centrali, volte aggiungere
parole che ben si adattano :
«Al giorno d'oggi il concetto medievale che i
Governi siano tutto e i popoli nulla è stato but-
tato nel ripostiglio, e la generosa iniziativa nostra
e dei nostri alleati si dirige in prima linea assai
più ai popoli che ai Governi. Non dall'alto in basso,
ma dal basso in alto sarà conclusa secondo la mia
opinione la pace dalla parte dell'Intesa. Questo
vuol dire che la concluderanno i popoli e non i
Governi »■
Anche noi siamo del parere che la pace, e quindi
la fine della guerra, sarà conclusa dal basso in
alto e per volontà di popoli, ma non saranno cer-
tamente i nostri quelli che si piegheranno alla
volontà delle potenze centrali.
Il nostro rappresentante, il ministro Sonnino,
nel suo meraviglioso discorso alla Camera ha avuto
espressioni di chiarezza tale che il mondo intero
ha accolto come dogma di fede per la prosecuzione
delle nostre azioni.
« Anche noi, egli ha detto, come tutti,[siamo desi-
derosi di pace, e di pace durevole: ma intendiamo
Il Re Nicola del Mi ntenegro.
1914, un'Europa affannata nel travaglio di pre
parasione per nuovi cimenti, un'Europa uscita
dall'incubo delle stragi per cadere sotto l'incubo
di piti intensi armamenti e di più aspri rancori e
di più angosciosi sospetti, ogni sforzo sarebbe stato
vano e ogni incauta propoganda di conciliazione
apparirebbe un tradinento verso i milioni d'uomini
caduti nelle battaglie, verso le generazioni venture
il cui destino oggi si prepara, verso la civiltà che
aspetta la sua grande riscossa ».
Perchè le intenzioni pacifiche, o meglio pacifiste
della Germania hanno un substrato di vera fel-
lonia, ed esse già presuppongono un prossimo tra-
dimento. La pace che si offre oggigiorno senza
condizioni, e con la spada ancora in alto, nell'atto
di vincitori, di conquistatori, non rappresenterebbe
che un armistizio, un riposo, un periodo di alle-
namento, di ricostituzione, di novella preparazione.
E lo dichiarano con l'ingenuità del barbaro so-
praffattore essi stessi quando, come fa la Reicbspost
confessano: «Però dato che le Potenze Centrali
sono giunte alla nobile decisione di offrire la pace
al nemico, noi vogliamo proseguire la guerra con
tutte le forze fieno a quando la questione non sia
risolta e sfruttare pienamente la magnifica situa-
zione in cui ci troviamo. Se i nemici vogliono con-
cludere una pace onorevole accederemo al loro de-
siderio per quanto è possibile: ma se essi volessero
respingere ostinatamente le nostre offerte di conci-
liazione, assieme ai nostri fedeli Alleati continue-
II prendente Poincaré assiste ad una rivista delle truppe francesi.
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