DI S. FRANCESCO DI PAOLA.
tatnentc mangiare , e pompofamente veftire, lenza peniate alle miferie de’ loro Vaifalli, e perciò permette Iddio , che Tempre vivano in neceffità. Al contrario accade nella cafa , e menfa de’ iiioi Servi, e che del poco molto fi gode, e fempre mai fi moltiplica .
Riftorata che fu la Marchefa , buttandoli a piè del Santo , fatta già fpet-tacolo di miferia, illanguidita per maniera , che non fi potea mirar fenza pietà , eccitavalo a corapaffione con tanti chiari teftimonj, quante lagrime le cadevano giù per le guancie ; di lañarla e dal flullò di fangue , e dalla ofti-nata febbre etica , che già fenza fperan-za d’ ajuto umano le acceleravano la morte ; perciò in lui confidando , come in pietofo Medico , era ricorfa, per ottenere T intera fanità : e mancandole nondimeno lo fpirito fu ’1 finir della parola , rimafe non meno infenfata al pianto , che al dolore. Onde inteneritoli S. Francefco alle fue umili preghiere, col volto allegro, e colla bocca ridente rif-pondendole, con quelle medefime parole di Crifto, quando guarì quella donna anche dal flullò di fangue travagliata: (a) Figliuola confida nel Signore, già che la tua fede f ha fanata ; le diede a mangiare alcuni frutti, ed erbe, ed ella provonne incontanente gli effetti, reliando ad un tratto fana , e libera d’
amendue le infermità. Alzato allora un grido miño di lodi, e di ftupori i Cortigiani prefenti conobbero la Santità di Francefco , ed infiammandoli nella di lui divozione,fi trattennero nelMoniftero colla Marchefa tre giorni.
Grande per tanto rifuonando il miracolo , arrivò a far1 Eco gloriofa nella Calabria, di maniera che tirò al Moni-ñero più di mille perfone foraftiere, da divedi Paefi. Molti furono i miracoli,
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che operò in quei tre giorni ; baili dire, che fe ne contarono più di cento, ne ad uno, ad uno, ma tutti in un falcio li giurarono i teftimonj ne’ proceffi : come adire, chefanòdeboli, paralitici, ciechi , ftroppj, lebbrofi, ed altri oppref-fi da varie infermità.
Ed un di voto, che ne fu teftimonio di veduta, molti ne raccontò ad una donna, per nome Maria fua paefana. Era coftei per continuo flullò di fangue etica divenuta, che potealì appena reggere in piè , tant’ era difeccata . Fattali condurre a piè del Santo, con fuppli-chevoli parole , e lagrime fe gli raccomandò , e fubito ne lenti gli effetti, re-ftando affatto libera dell’ uno,e dell’altro male .
Di quelle opere ftupende pervenuta la fama ali’ orecchie della Conforte di Bartolo d’Antonio della Città di Catanzaro , travagliata parimente dalle due predette infermità , volle ancor’ ella ricorrere al noftro Santo, alla cui pre-fenza fattali condurre, con dirotto pianto narragli il male già dalla cura de’ Medici abbandonato. Gli dille : o pietofo Padre , che tanti, e sì ftupendi miracoli operate per fallite di chi v’ invoca, efaudite ancora me, che ogni mia fpe-ranza in voi ripongo, ne altro potè prof, ferire la lingua dal dolore impedita . Mollò a compaffione San Francefco, le ordinò, che con viva fede mangiaflè del petrofello trito, perocché ficurameate ri. avrebbe la fanità : con ciò raccomadan-dola a Dio , la licenziò . Ella partì, e nel ritorno che faceva a cafa, libera lì trovò d’ogni male.
Don Jacopo Guerrieri Cappellano nella Cattedrale della Città diNicallro avea una Sorella , per nome Battola, affatto difeccata da una oftinata febbre etica, di molto tempo fenza rimedio
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