48 David N… Keightley re della sua epoca, era in genere visto in termini di impiego, premio e riconosci- mento, anziché di sofferenza e di morte. Anche nella sua commovente lettera ajen An, in cui il grande storico Ssu-ma Ch’ien, che era stato punito dall’imperatore Wu di Han, si lamenta della castrazione, è caratteristico che il rimpianto sia espresso non nei termini della perdita da lui subita, ma in quelli della sua incapacità di servire bene l’imperatore e i colleghi15 3.4. Mafie, individua & royramatumle L’atteggiamento verso la morte dipende dal concetto culturale di quel che si perde con essa. Come l’amara reazione alla morte nel caso di Gilgamesh e dell’epi— ca greca, ad esempio, [, ’ " D alla [ ' J ‘ ruolo personale nelle due culture, cosi la risposta più calma e soddisfatta degli antichi cinesi, i quali subivano meno l’angoscia metafisica della morte, può essere collegata alla loro mancanza di enfasi sull’eroismo individuale. L’assenza di enfasi sull’ individuo si può anche vedere nel campo del ‘ l‘“ dai e dai greci, per i quali la sfortuna e la sconfitta nascevano dalle persecuzioni e dalle interferenze destabilizzanti di singoli dei come Enki e Ishtar o Zeus e Afrodite, il cinese dell’epoca Shang presumibilmente avrebbe spiegato quegli eventi in termini di sacrifici estemporanei e di irritazione degli antenati. Per avere il favore degli antenati occorrevano non le implorazioni particolari degli uomini né l’intervento casuale degli dei 0 la loro intercessione, ma una serie regolare di sacrifici, la cui efficacia era garantita in anticipo dalla divinazione, e che venivano offerti secondo il rango dell’antenato responsabile. Dato questo atteggiamento protoburocratico verso il sovrannaturale, era comprensibile che la morte stessa venisse trattata in modo più impersonale e pratico. I cinesi del Chou Occidentale, la cui dottrina del «mandato celeste» [conferito al re] moralizzava la cultura politica, spiegavano la sfortuna e la sconfitta in termini di comportamento immorale; alcuni pensatori del Chou Orientale, invece, adote tarono i cicli impersonali di ji” e di yang e la teoria delle «cinque fasi». Qualunque fosse la spiegazione che ne davano, le élite Shang e Chou vivevano in un mondo ordinato e «razionale» di forze grandi e generiche che seguivano il volere degli ante» nati organizzati in una gerarchia (o <