caritative e formative già esistenti ed in varia misura promosse e controllate dalla Chiesa. La logica accentratoria non ha però condotto, a differenza di quanto è avvenuto negli altri paesi dell'Europa Occidentale, né allo sviluppo di un sistema pubblico pervasivo (sul modello dell'esperienza inglese), né ad una compenetrazione istituzionale tra intervento pubblico ed iniziativa privata (com'è accaduto per esempio in Germania). La crescita graduale delle competenze e delle responsabilità pubbliche è stata accompagnata infatti dal mantenimento, in quasi tutti i campi di intervento delle politiche di welfare, di un'ampia e articolata area di interventi privati, con cui si è intessuta una trama intricata di scambi e di legami funzionali che nessun tentativo di riforma ha sinora scardinato. L'esempio più evidente della commistione tra pubblico e privato è rappresentato dalla permanenza, con un regime giuridico immutato da ormai cento anni, delle Ipab (Istituzioni Pubbliche di Assistenza e Beneficenza), regolate da Crispi nel 1890 allo scopo di ricondurre sotto uno stesso ordinamento pubblico tutti gli enti e le iniziative allora operanti in campo socio-assistenziale ed educativo. Nonostante sul piano giuridico vengano riconosciute come istituzioni pubbliche, vedremo successivamente come le Ipab siano di fatto amministrate e gestite come enti privati, per di più beneficiando di notevoli facilitazioni nell'accesso al finanziamento pubblico. La regolazione pubblica ha assunto infatti un carattere esclusivamente procedurale e legale, mentre non influisce in alcun modo sui contenuti dei servizi erogati. Anche molti enti privati - che operano a tutela di categorie specifiche di svantaggiati (come gli invalidi o i reduci di guerra) oppure che perseguono scopi considerati di interesse collettivo (prevalentemente nel campo ambientale-turistico, in quello formativo ed in quello sanitario) - godono (oppure hanno goduto per lungo tempo) di un profilo giuridico «misto», che consente una gestione dichiaratamente privata pur in presenza del riconoscimento formale dello statuto pubblicistico dell'associazione (da cui discendono inevitabilmente privilegi e favori). Ciò che caratterizza il nostro sistema di welfare, e lo distingue da quelli sviluppati negli altri paesi dell'Europa continentale, non è così la natura privata dei programmi e delle forme di gestione, quanto il carattere politico-clientelare dei rapporti tra settore pubblico e settore privato (Paci, 1989, p- 83). Altri paesi, come per esempio la Germania (Zimmer, 1990), hanno sviluppato un sistema pluralistico; ma la frammentazione istituzionale non ha impedito la creazione di un 39