possibile cogliere importanti mutamenti nell'orientamento delle politiche sociali, che i capitoli successivi, dedicati alle politiche di settore, consentiranno di meglio precisare. Il punto di svolta è segnato dalla crisi dello Stato sociale e dalla conseguente impossibilità (finanziaria e funzionale) di prevedere un'ulteriore espansione dell'intervento pubblico. Questo dato, ormai acquisito nel dibattito corrente, sollecita due ulteriori cambiamenti: da un lato l'attenuazione della logica accentratoria che ha dominato la fase espansiva delle politiche di welfare e la conseguente tendenza a distinguere chiaramente la responsabilità della programmazione e del finanziamento (che resta di competenza pubblica) da quella della gestione concreta (affidata sempre più spesso ad agenzie private); dall'altro, nel quadro di una maggiore attenzione all'efficienza dei servizi, la volontà di eliminare le duplicazioni e le incongruenze generate da un sistema tradizionalmente fondato su due canali di offerta paralleli e spesso sovrapposti (quando non in reciproca competizione). Si assiste quindi negli ultimi anni ad un più massiccio ricorso ai servizi privati per l'attuazione dei programmi previsti dalle politiche pubbliche. Nel quadro di un maggior favore verso la privatizzazione di alcuni servizi di welfare (soprattutto nel comparto sanitario), anche gli enti non profit, contestualmente al loro coinvolgimento effettivo nelle politiche pubbliche, hanno ottenuto maggiori risorse finanziarie ed un più chiaro riconoscimento della loro autonomia e della loro specificità. Di qui anche la tendenza, segnalata dalle recenti leggi sul volontariato e sulla cooperazione sociale, a sviluppare un quadro regolativo generale entro cui riconoscere e sostenere il molo pubblico del settore privato non lucrativo. A queste importanti modificazioni ha contribuito in modo rilevante la pressione esercitata dalle organizzazioni non profit più innovative, che hanno spesso sollecitato la definizione di profili giuridici e legislativi più adeguati ad agenzie che intendono coniugare la matrice privatistica originaria con la realizzazione di servizi efficienti ed efficaci. La moltiplicazione dei rapporti contrattuali e finanziari tra il settore pubblico e le imprese non profit, soprattutto a livello locale, sta diffondendo anche nel nostro paese un regime di relazioni definito da Kramer (1987) di «collaborazione pragmatica», fondato sul finanziamento pubblico dei servizi privati e sulla competizione tra le agenzie private a procurarseli, in un quadro caratterizzato da scarsa integrazione del sistema complessivo di welfare. Osservando come questa dinamica si sviluppa nel complesso dei paesi occidentali, 58