Le condizioni che determinano questa nuova situazione sono diverse. Da un lato, come abbiamo già richiamato, la contrazione delle risorse finanziarie disponibili per le politiche sociali e le rigidità burocratiche dell'amministrazione pubblica rendono pressoché impossibile ogni ulteriore espansione dell'intervento diretto dello Stato; in diversi settori il solo mantenimento del livello raggiunto di welfare richiede anzi il ricorso a risorse esterne. Dall'altro lato, anche le organizzazioni non profit subiscono un mutamento, coincidente con il superamento dell'orientamento privatistico tipico della filantropia tradizionale e con un crescente affrancamento dalla sfera di controllo delle autorità religiose, bilanciato dalla propensione a sviluppare forme organizzative più strutturate e razionali (Ranci, De Ambrogio e Pasquinelli, 1991). In questo mutato scenario, è evidente che il ruolo del terzo settore non è riducibile a quello di mero «supplemento» dell'intervento pubblico: non solo perché quest'ultimo non sembra neanche sufficiente a garantire il «minimum nazionale» a tutti i cittadini, ma anche perché la crescente diversificazione della domanda sociale richiede risposte sempre più puntuali e specifiche, sino al punto da rendere inopportuno lo sviluppo di un sistema unificato e standardizzato di offerta. In questa stessa prospettiva, caduta l'illusione sulla capacità dello stato sociale di riequilibrare le disuguaglianze sociali (Le Grand, 1982), anche l'idea di Titmuss di integrare la filantropia privata all'interno di una politica universalistica diviene inattuabile: sia perché la politica pubblica non riesce ad esprimere, come vedremo meglio successivamente, un orientamento chiaro ed omogeneo; sia perché gli elementi solidaristici presenti nell'azione non profit sembrano atrofizzarsi quando vengono esposti ad una regolazione pubblica dominata da preoccupazioni burocratiche e finanziarie. Il richiamo attuale al terzo settore assume quindi una valenza nuova. Non si tratta infatti di mobilitare risorse aggiuntive per il completamento dello stato sociale, quanto di strutturare le politiche sociali su una base pluralistica, riconoscendo la coesistenza di diverse forme d'allocazione6 e valorizzando le interdipendenze esistenti. In questa chiave i vantaggi offerti da un maggiore e diverso coinvolgimento del terzo settore sono sia funzionali che strutturali. Da un lato le organizzazioni non profit possono contribuire ad un miglioramento dell'efficacia dei servizi, grazie alle loro piccole dimensioni, alla loro tradizione di spontaneità e di innovazione, alla loro capacità di suscitare una motivazione etica al servizio e al fatto 22