Note al Capitolo Primo 1 Secondo Gilbert (1983), questa situazione si riproduce nei seguenti casi: a) quando c'è separazione tra il consumatore e l'acquirente del servizio (come nel caso di servizi privati alla persona acquistati o finanziati da un'amministrazione pubblica); b) quando la complessità e il carattere non standardizzato del servizio rendono difficile per il consumatore la valutazione di qualità e di efficacia (come nel caso di consulenze familiari, assistenza all'infanzia, servizi riabilitativi); c) quando il potere di scelta del consumatore è limitato perché il servizio richiede l'esercizio di un potere coercitivo (come nel caso di servizi di assistenza per minori devianti oppure per pazienti interdetti); d) quando non esistono servizi alternativi facilmente raggiungibili (come accade nelle aree rurali). 2 Per questo diversi autori hanno segnalato l'esigenza che si sviluppi, a fianco di un'analisi sulle condizioni che favoriscono lo sviluppo del settore non profit, un'analisi focalizzata sui meccanismi di costituzione e di organizzazione degli enti non profit. 3 Per verificare questa discordanza non è naturalmente necessario rifarsi alle teorie sulla fondazione dello Stato moderno; una semplice rassegna delle posizioni tenute dalle comunità terapeutiche gestite da enti privati non lucrativi in merito all'attuale disciplina nazionale sugli stupefacenti sarebbe sufficiente a dimostrare la scarsa concordanza tra obiettivi delle politiche pubbliche ed istanze etiche attive nella società civile. 4 Secondo Beveridge questo non significa che l'autorità pubblica non debba sostenere finanziariamente le attività private, quanto che queste ultime devono mantenere una sufficiente indipendenza economica dalle istituzioni pubbliche. 5 L'argomentazione di Titmuss precede di alcuni decenni le conclusioni a cui perviene anche un noto studioso delle non profit organizations, Hansmann, il quale sostiene che il vantaggio del ricorso ad un'organizzazione non lucrativa piuttosto che ad una forprofit è dato dalla maggiore affidabilità del servizio fornito. 6 Com'è noto, Polanyi distingue tre forme di allocazione dei beni: quella autoritativa, che trova espressione attuale nella produzione pubblica di servizi; quella governata dallo scambio di mercato e quella governata dal principio di reciprocità. 7 Sul piano teorico, questa impostazione viene presentata sotto il nome di partnership (Salamon, 1987). In Italia la proposta di Donati (1984) di un «patto statutario- tra istituzioni pubbliche e volontariato riecheggia lo stesso concetto. 8 Si pensi, per esempio, a problemi «insolubili» come il recupero di tossicodipendenti, l'assistenza a malati terminali di cancro o di Aids, l'assistenza a portatori di handicap gravi, il recupero di giovani devianti, e via dicendo. 9 Si tratta, com'è facile notare, di un modello particolarmente adatto ad una concezione «residuale» dello Stato sociale, quale è riscontrabile soprattutto negli Usa. 10 Si tratta, in altri termini, di servizi forniti su base altruistica, la cui esistenza dipende in modo sostanziale dalla volontà di chi li offre e non dalla pretesa di chi li riceve. Ho sviluppato questo modello concettuale in Ranci (1990). 11 Secondo Dente (1986) possiamo distinguere tre forme di controllo istituzionale, a seconda di quale sia l'obiettivo che l'istituzione pubblica intende perseguire: il controllo legale (quando si intende regolare le modalità di azione degli altri soggetti); il controllo finanziario (quando si intende regolare le risorse impiegate); il controllo funzionale (quando si intende determinare il contenuto della politica pubblica). Gli strumenti principali del controllo funzionale sono: la determinazione di standard per i servizi erogati, la statuizione di direttive che prescrivono le azioni da compiere, l'incentivazione o la penalizzazione finanziaria, la programmazione di settore. 35