Capitolo Primo LA REGOLAZIONE DEL TERZO SETTORE 1. Introduzione E ancora possibile, dopo il fallimento dell'ipotesi di sviluppo crescente e illimitato dei compiti e delle responsabilità dello Stato, che si sviluppi nella nostra società una produzione ampia e adeguata di beni d'utilità pubblica? Quali soggetti, oltre allo Stato sociale, possono essere coinvolti nella responsabilità di rispondere a quei bisogni sociali la cui soddisfazione è considerata un dovere della collettività? Attraverso quali strumenti può essere garantito che la produzione di questi beni, non essendo totalmente sotto il controllo diretto dello Stato, rispetti comunque i diritti e le preferenze dei cittadini cui sono destinati? Per più di mezzo secolo la nostra società ha riposto una fiducia incondizionata nell'estensione dei compiti dello Stato e nei suoi benefici effetti per l'intera collettività. In tempi recenti questa fiducia si è incrinata, scossa dalle difficoltà fiscali e funzionali in cui si dibattono le amministrazioni pubbliche di tutti i paesi avanzati dell'Occidente. La scarsità delle risorse disponibili, unita alla modestia dei risultati raggiunti sul piano redistributivo, rendono sempre più evidenti i limiti strutturali di sviluppo dello Stato sociale moderno. L'impasse attuale delle politiche sociali pubbliche affonda le sue radici nelle distorsioni e negli inceppi creati da un'eccessiva e indiscriminata dilatazione dell'intervento dello Stato. Gli effetti più visibili sono due. Da un lato tale dilatazione, invece di produrre una tutela più estesa dei diritti sociali dei cittadini, ha condotto all'accrescimento dello spreco improduttivo e del parassitismo, sino all'accumulo di un deficit finanziario ormai incontrollabile. Dall'altro lato la tendenza ad attribuire allo Stato ogni responsabilità pubblica ha contribuito ad erodere quelle credenze etiche e religiose che in passato limitavano i comportamenti egoistici, sino a rendere l'intervento pubblico stesso permeabile alla pressione degli interessi particolari. Caduta la grande illusione statalista, si assiste oggi alla riconsiderazione delle «virtù» di rilevanza collettiva presenti nella sfera privata, spesso ignorate dalla radicata credenza che in essa non fossero rintracciabili motivazioni ed interessi diversi da quelli dell'utilità indivi- 13