offerte (Onida, 1990). Nel suo complesso il sistema sembra volgersi verso un assetto universalistico, che riconosce pienamente il diritto alla cura e all'assistenza dei cittadini non in dipendenza da forme di contribuzione o da privilegi di categoria. Parallelamente viene avviato un timido processo di chiarimento e di maggiore distinzione tra il settore pubblico e quello privato (Onida, 1990). Nel campo sanitario gli enti ospedalieri vengono assorbiti nel sistema del servizio pubblico nazionale. Le competenze delle Ipab di natura sicuramente pubblica sono trasferite alle regioni e di conseguenza gli enti sono soppressi (Dpr n. 616/1977, art. 113). Gli enti assistenziali a favore di specifiche categorie e quelli a struttura associativa vengono trasformati in associazioni nazionali volontarie di assistenza di tipo privato. Il lungo (e non ancora risolto) contenzioso giuridico e costituzionale sulla natura delle Ipab (aperto dal Dpr n. 6l6), se da un lato fa emergere l'ambiguità del loro regime giuridico, dall'altro apre la strada al riconoscimento della possibilità per questi enti di assumere la natura di enti privati (Dpcm 16 febbraio 1990). L'espansione dello Stato sociale e i chiarimenti giuridici sui confini tra pubblico e privato non hanno però comportato una significativa contrazione del comparto privato-religioso, né un chiaro superamento dei regimi di commistione. Il modello evolutivo dell'intervento pubblico resta ancora quello della progressiva incorporazione di blocchi di privato (Paci, 1989), che ne preserva la natura particolare senza far corrispondere all'istituzionalizzazione formale alcuna forma di regolazione pubblica. La stagione delle riforme ha invece contribuito ad evidenziare il modesto grado di funzionalità e la scarsa tenuta complessiva del nostro sistema di welfare. Il suo modello di sviluppo - fondato su un assetto dualistico solo apparentemente contrastato dalla politica di progressiva inclusione ed istituzionalizzazione dei diversi interessi particolari - risultava infatti funzionale ad un sistema di welfare di tipo residuale, fondato cioè sulla tenuta sostanziale della famiglia come risorsa di solidarietà e sul molo solo supplettivo dello Stato.Via via che le responsabilità pubbliche si sono ampliate e si è sviluppata una politica sociale di impronta universalistica, la logica discrezionale e settaria degli enti privati è apparsa sempre più come un elemento residuale, per quanto difficilmente eliminabile; così come si sono evidenziati gli sprechi e le inefficenze connesse ad una politica nei loro confronti di tipo compromissorio e tollerante. L'assetto complessivo dei rapporti pubblico-privato, intaccato solo 41