pubblica è avvenuta tramite un costante intreccio con il settore pri-vato-filantropico, sino all'istituzionalizzazione di una parte consistente di quest'ultimo. La specificità del caso italiano sta piuttosto nella mancanza di un indirizzo chiaro delle politiche pubbliche, che ha consentito al settore privato-filantropico di svilupparsi in piena autonomia, pur disponendo del sostegno finanziario e della legittimazione dello Stato. Il mancato sviluppo in Italia di una fase compiutamente «universalistica» del welfare state ha consentito, soprattutto in alcuni settori tradizionalmente presidiati dall'organizzazione sociale della Chiesa Cattolica, che persistesse sino ad oggi un settore privato-filan-tropico di dimensioni ampie, dotato di notevole autonomia d'azione, cospicuamente sostenuto dal finanziamento pubblico e al tempo stesso scarsamente permeabile agli indirizzi e al controllo delle politiche pubbliche. Si può dunque affermare che nel nostro paese lo stretto intreccio tra settore pubblico e settore privato che ha caratterizzato la crescita del sistema di welfare non ha dato luogo ad un'integrazione dei due settori, quanto ad un regime dualistico, fondato sulla supplenza reciproca tra Stato sociale e settore privato-religioso. 3. Il ruolo del terzo settore nella crisi del welfare La crisi del welfare introduce, anche negli stati che hanno conosciuto in precedenza la fase di maturità del welfare istituzionale, nuove tensioni nei rapporti tra pubblico e privato. L'idea che le organizzazioni filantropiche possano costituire una risorsa integrabile nell'ambito di un sistema organico di welfare a dominanza pubblica perde ben presto di consistenza, via via che si rendono evidenti i limiti di sviluppo dello stato sociale. La crisi del welfare state coincide infatti con la critica ad un modello di politica sociale fondato sul ruolo dominante e pervasivo dell'azione pubblica. L'attuale «riscoperta» del terzo settore assume così un segno nuovo, che non risiede tanto nel riconoscimento dell'efficacia e della consistenza dell'azione non profit (che, come abbiamo detto, godeva di considerazione anche nei sistemi di welfare a chiara dominanza statale), quanto nell'individuazione di un ruolo diverso, non più limitato a quello di «risorsa» complementare all'intervento dello Stato. Nel terzo settore si individua ora un «attore» diretto delle politiche di welfare, concorrente quasi a pari titolo con le istituzioni pubbliche nella gestione e nella realizzazione dei servizi richiesti dalla cittadinanza. 21