LA RIFORMA DEI DAZI DI CONSUMO ED I SUOI PRIMI EFFETTI Principi informatori della riforma dei dazi di consumo. Una delle più importanti riforme, anzi si potrebbe dire la vera grande riforma finanziaria, nel campo delle finanze locali fu quella dell’abolizione dei dazi interni di consumo. Quali erano gli inconvenienti ed i mali di carattere economico finanziario e sociale dei dazi, non m’intratterrò a dire essendomi occupato dell’argomento in queste pagine ed altrove alcuni anni or sono (1). Ricordo solamente che tutti i governi che tentarono l’abolizione dei dazi si arrestarono sempre di fronte al problema finanziario, costituendo i dazi, specialmente per i comuni chiusi, una molto cospicua entrata dei bilanci locali. Il problema fu coraggiosamente affrontato dal R. Decreto-legge 20 marzo 1930, n. 141, che ebbe effetto immediato, a partire cioè dal successivo mese di aprile. I capisaldi della riforma contenuti in tale decreto sono: abolizione di tutti i dazi o creazione di imposte di consumo, limitate però a pochissime voci già, colpite dai dazi. La riscossione di tali imposte da effettuarsi con metodo uniforme in tutti i comuni e conseguente abolizione dello cinte daziarie, venendo così a cessare la distinzione dei comuni in aperti o chiusi. I generi colpiti, in un primo tempo, erano: a) le bevande vinoso ed alcooliche; b) la birra; c) lo acque minerali da tavola e quelle gassose; d) le carni; e) i materiali da costruzione, il gas-luce e l’energia elettrica per illuminazione. A questo nitido principio informatore della riforma si venne ben presto meno. Il governo, seguendo, in parto, le conclusioni della Com- 1 (1) Cfr. F. A. RÈrAcr, I dazi interni di consumo (a Bollettino doll’Uflioio del lavoro o della Statistica della città di Torino », n. 7, 8 e 9 del 1922 o / dazi interni della città di Torino nell’ultimo secolo (in « La Riforma Sooialo », gonn.-febbr. 1927). 0 - XL1V.