4. Verso il «welfare mix- L'analisi che abbiamo svolto indica con chiarezza che la presenza degli enti non profit nel campo delle politiche di welfare è oggi notevolmente più articolata che in passato. La maggiore articolazione coincide, come abbiamo visto, con il graduale superamento del privatismo caratteristico delle istituzioni filantropiche tradizionali, con la secolarizzazione e il crescente affrancamento delle organizzazioni dalla sfera di controllo delle autorità ecclesiali. A ciò si sostituisce la propensione a caratterizzare l'intervento in senso sempre più specialistico e professionale. Accanto alle istituzioni tradizionali, come abbiamo visto compromesse in regimi di commistione con l'apparato statale ed esposte a pressioni di tipo clientelare, emergono oggi nuove iniziative private caratterizzate da una forte esigenza di autonomia, di flessibilità e di innovazione, che si traduce nello sviluppo di forme organizzative aperte all'informalità e alla partecipazione diretta. A ciò si abbina una concezione avanzata e non privatistica delle politiche sociali, fondata sul riconoscimento del molo cmciale della regolazione pubblica e sulla consapevolezza del molo pubblico esercitato anche dal settore privato. Questo insieme composito di iniziative viene etichettato genericamente con il termine «volontariato», ma esso coinvolge anche organizzazioni professionali (come le cooperative sociali) ed associazioni già tradizionalmente attive nella società civile (come le Acli, I'Arci, le associazioni ambientaliste, quelle di tutela dei cittadini e via dicendo). Pur restando prevalentemente di matrice cattolica, queste nuove forme di iniziativa privata sviluppano un rapporto decisamente meno vincolante con le autorità ecclesiastiche ed assumono spesso un orientamento laico e non confessionale. La diffusione di questi nuovi soggetti privati costituisce forse la premessa per lo sviluppo anche nel nostro paese di un settore non profit professionalmente avanzato, in grado di garantire servizi efficienti ed efficaci in sostituzione oppure a completamento dell'intervento statale, ma anche per questo maggiormente esposto alla regolazione pubblica e alla preferenza per linee d'azione non innovative (Kramer, 1987). D'altra parte le prospettive di sviluppo di un terzo settore con caratteristiche simili a quelle osservate in altri paesi occidentali dipendono soprattutto, come già Titmuss (1971) aveva indicato, dal tipo di politica pubblica adottata nei suoi confronti. Su questo versante è 57