timizzazione delle risorse disponibili, attui una gestione delle risorse che lascia ampi spazi a sprechi ed inefficienze. Quando ciò accade la riduzione dei costi sostenuti dall'amministrazione pubblica si traduce dunque, tramite il coinvolgimento delle organizzazioni non profit, in minore efficienza dei servizi rivolti alla cittadinanza. In quale misura e a quali condizioni dunque le organizzazioni del terzo settore possono essere considerate e riconosciute a pieno titolo (con i diritti e le responsabilità che ne conseguono) come attori del nostro sistema di welfare? Se tale riconoscimento appare da un lato necessario per superare i vincoli posti ad ogni ulteriore espansione dell'intervento pubblico diretto, dall'altro esso non può avvenire senza una precisa considerazione delle specificità dell'intervento delle organizzazioni non profit e senza l'avvio di una politica pubblica di regolazione del terzo settore, che ne tuteli l'autonomia (evitando che il ricorso ad esso sia esclusivamente strumentale ad obiettivi lucrativi oppure politico-consensuali) ed eviti gli effetti negativi prodotti dai «fallimenti» in cui incorrono anche le organizzazioni non profit. I limiti dell'azione non profit - sintetizzabili in particolarismo, discrezionalità dell'intervento, propensione ad una gestione sub-ottimale delle risorse disponibili - possono infatti essere corretti dalla presenza di una regolazione pubblica che da un lato garantisca la copertura universalistica dell'offerta e il rispetto dei diritti di cittadinanza, dall'altro crei un regime contrattuale che assicuri un livello adeguato di efficienza e di efficacia dei servizi prodotti. Una maggiore considerazione delle «virtù private» presenti nella nostra società civile, sebbene sorga dall'evidente incompiutezza delle politiche pubbliche di welfare fondate sull'intervento diretto e pervasivo dello Stato, richiede dunque lo sviluppo di una buona capacità regolativa da parte dell'amministrazione pubblica. Senza una definizione (non necessariamente totalizzante) di quale sia l'orientamento pubblico (ciò che convenzionalmente chiamiamo «bene pubblico»), non è automatico che una «virtù» privata produca risultati concreti di pubblica utilità. 2. La filantropia privata e l'evoluzione del welfare L'analisi che intendiamo sviluppare considera il ruolo del terzo settore per il contributo che esso può portare alla soluzione di alcuni dei problemi in cui oggi si dibattono le politiche di welfare del 17