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Capitolo primo
La famiglia di Einaudi crebbe rapidamente di numero. Mario nacque nel 1904; Roberto nel 1906; Giulio nel 1912; oltre ad altri due bambini morti prematuramente (Maria Teresa nel 1910; e Lorenzo nel 1917).
Per i figli, la vita in campagna rappresentò una fonte di educazione. Il padre, per quanto sempre indaffaratissimo a leggere e soprattutto a scrivere, si concedeva loro maggiormente che non in città. All'alba andava con loro a sistemare con la zappa i sentieri, e durante la giornata si faceva accompagnare quando si recava a parlare con i mezzadri.
Durant.è la guerra — ricorda Mario — arrivarono a San Giacomo dei prigionieri austriaci, che furono messi a lavorare a una strada da S. Giacomo alla stazione di Monchiero-Dogliani. Einaudi seguiva i lavori armato di un dizionario di tedesco, spiegando con poche parole e molti gesti cosa dovevano fare.
Nei mesi invernali, a Torino, nel pomeriggio il figlio leggeva libri di storia in compagnia del padre. Anche questo era un rito: l'ora era stabilita, e così pure il testo da leggere.
In certi giorni della settimana Mario andava a lezione di francese da uno dei migliori amici del padre, Giuseppe Prato, che abitava in una bella casa di piazza Savoia. Leggevano insieme Dumas e facevano conversazione.
Alla vigilia della guerra gli Einaudi cambiarono di nuovo appartamento, traslocando in piazza Statuto 16. Questa nuova casa era ubicata strategicamente a poca distanza dalla stazione ferroviaria di Porta Susa, e quindi sulla linea per Milano.
Mario Einaudi ricorda quando il padre, dopo aver febbrilmente vergato un articolo per il «Corriere della sera», lo consegnava alla persona di servizio che di corsa lo portava alla stazione, impostandolo «fuori sacco» nella vettura per Milano.