I consensi che ottenni da quanti ebbero la pazienza di ascoltarmi alla Radio non mi hanno illuso sulla validità delle mie conversazioni, pensando che quelli costituivano certamente solo una minima aliquota dell'uditorio potenziale. Però, come ho detto, se non l'uditorio, io mi sono divertito moltissimo a raccontare di me e del mio passato, tanto che ci ho rimuginato a lungo nei giorni seguenti, durante le lunghe mie passeggiate giornaliere per la campagna canavesana. Ovviamente mi sono venute alla mente una serie di episodi, di cose e di persone cui mi ero dimenticato di accennare, nonché mi sono vergognato per essermi espresso male, pentito per non aver messo nella giusta luce stati d'animo ed emozioni mie e di altri, provate durante una esistenza tanto lunga. E sorto così in me il desiderio di rivedere, di correggere, di completare quanto era andato in onda, anzi di rifare le trasmissioni come a me sarebbe piaciuto averle fatte. Dal nulla sono riemersi alla mente eventi, paesaggi, uomini, donne, bambini, una folla interminabile di immagini diversissime, alcune sbiadite e sfocate, altre perfettamente nitide. Mi ha colpito l'eco di voci dimenticate, di cose e di esseri a molti dei quali non sapevo più dare un nome. Cose e persone sembravano sorgere dall'oblio e riprendere voce, sostanza, vita, in un coro che, ogni passione ormai spenta o quasi, infondeva in me un senso di letizia, quasi d'allegria. E ben noto che l'età avanzata è sinonimo di solitudine, anche quando non manca intorno a noi la presenza e la compagnia di persone care o amichevoli. Scompaiono a poco a poco i coetanei, dandoci l'impressione di rimanere isolati e di dover continuare il cammino sempre più soli in un deserto sempre più vuoto. Avvertiamo bensì la presenza delle persone care ed amichevoli, ma sembra che un'invisibile cortina ce ne separi. Le loro voci e le stesse loro immagini giungono bensì a noi, ma attutite, sfumate. Avvertendo di essere «alla frutta» noi vecchi possiamo contare solo su quello che rimane come nostre risorse interiori, e che la memoria ha salvato. La RAI, e nella fattispecie l'intervento di Mirella Fulvi e di Carlo D'Amicis hanno innescato in me un processo di attivazione della memoria, che ha riportato alla luce una moltitudine di fotogrammi accumulati, senza che ne avessi coscienza precisa, nel corso dei miei novant' anni di vita. A Mirella Fulvi ed a Carlo D'Amicis debbo una profonda ricono- 8