ma ristretto alla Sicilia. Timeo Danaos et dona ferente!. L’esportatore siciliano dovrebbe riflettere a lungo prima di accettare un dono, il quale significa che egli non può ven dere a chi crede, come può fare oggi [1946] nel caso di compensazione privata per il 100 per cento, e come può fare per le altre per il 50 per cento; ma dovrebbe vendere ad un gruppo particolare di acquirenti, suoi compaesani bensì, ma non per ciò di sposti a pagargli il prezzo migliore ottenibile su un mercato più ampio. Sarebbe un protezionismo creato inconsapevolmente a vantaggio degli industriali locali a danno sovratutto degli agricoltori e dei più progrediti tra gli agricoltori siciliani. Si aggiunga che l’autonomia che qui si auspica per la Sicilia non potrebbe essere attuata qualora non fosse istituito il controllo doganale su tutte le esportazioni e le importazioni siciliane. Quando si affermi il principio che le disponibilità valutarie costituite con esportazioni di beni e servizi siciliani siano destinate a far fronte esclu sivamente al pagamento di importazioni di beni e servizi a favore della Sicilia, ne discende logicamente che non dovrebbe essere lecito importare in Sicilia, dalle altre province italiane, merci importate da parte di quest’ultime con pagamento in valuta. Se infatti non si impedisse la esportazione dal continente verso la Sicilia di merci che il continente ha importato dall’estero, ne seguirebbe che le disponibilità valutarie della Sicilia sarebbero incrementate dalla facoltà di comprare, con lire, merci che altre regioni italiane hanno comprato con valuta. Sia consentito a chi, per dovere di ufficio deve occuparsi ogni giorno di problemi relativi al controllo valutario, affer mare che nessun dono più funesto potrebbe essere fatto alla Sicilia di questa auto nomia valutaria. Gli articoli 39 e 40 insieme congiunti renderebbero necessario sepa rare la Sicilia con una cintura doganale e valutaria dalle restanti regioni italiane. Si determinerebbe necessariamente in Sicilia un livello di prezzi diverso da quello vigente nelle restanti regioni d’Italia. E cioè si creerebbe una lira siciliana con potere di acquisto diverso dalla lira continentale e di conseguenza sorgerebbe un cambio tra la lira sici liana e quella continentale. Già oggi l’ostacolo forse maggiore che si incontra per lo stabilimento di un livello di cambio corrispondente alla realtà tra l’Italia e i paesi stranieri consiste nel fatto appunto che coesistono infinite lire, una diversa dall’altra. Nessuno sa quale sia il potere di acquisto della lira italiana per confrontarlo con il po tere di acquisto del dollaro o della sterlina, o del franco svizzero, o di un’altra moneta qualunque, perché di lire ne esistono troppe nel nostro paese; lire libere di acquistare merci in generale, lire di chi compra a prezzo di calmiere e di chi compra sul mercato nero, lire di chi paga fitti vincolati o di chi è costretto a vivere in camere mobiliate a prezzi liberi e via dicendo senza fine. Tuttavia la molteplicità delle lire esistenti è una molteplicità di fatto alla quale si può sperare di porre rimedio e termine in av venire. Ma la norma contenuta nell’articolo 40 istituirebbe legalmente una lira sici liana diversa dalla lira continentale. Se questa norma fosse accolta, noi segneremmo un regresso gravissimo sulla via della ricostruzione economica. Tutto il cammino della civiltà consiste nell’abolire le barriere doganali e le barriere valutarie e noi invece creeremmo nuove barriere doganali e nuove barriere valutarie per separare territori congiunti dal vincolo della comune appartenenza alla medesima nazione ed al me desimo stato. 7. Incertissime e quindi produttive di attriti sono altresi tutte le norme le quali si riferiscono alle materie tributarie. Allo stato, da quanto si può dedurre dall’articolo 36, sarebbero riservate uni camente le imposte di produzione e le entrate dei monopoli dei tabacchi e del lotto. 341