4 IL RITORNO DALLA SEPOLTURA. Era quello un caso veramente pieno di inenarrabile dolore. Un unico figlio, speranza e conforto dell’amoroso genitore, colpito da morbo improvviso, in pochi giorni era venuto a morte. La madre infelicissima, che non aveva ancora valicati i quarant’anni, al primo scoppio della malattia che presentavasi subitamente sotto spaventose apparenze, turbata da terribile presentimento si era sentita una tale stretta al cuore, che d’allora non potò più riavere il suo pien respiro. Non curante, anzi dimentica di se stessa, vegliando i giorni e le notti al letto del caro infermo, con ¡scarso cibo, con sonni brevi e turbati, bevendo sino all’ultimo sorso il calice amaro, seguì dalla prima all’ ultima ora il rapido e spaventoso corso del morbo, assistette alla lunga agonia del figliuolo, ne raccolse le ultime parole, l’ultimo sospiro. Le febbrili surreccitazioni delle assidue cure, delle passeggere speranze, delle ansiose apprensioni, le avevano dato fino allora una forza fittizia, tanto da reggersi in piedi. Ancora dopo 1’ ultimo respiro del figliuolo, non sostenendo di essere allontanata dal funebre letto, ristette coi pietosi assistenti a pronunziare le ultime preghiere, le mestissime parole colle quali i superstiti danno l’ultimo vale ai cari estinti. Ma quando tacquero quelle voci, quando nella funerea stanza si sparse un silenzio letale, indizio securo che tutto è finito, la sventurata si accasciò su se stessa e cadde come corpo morto. Portata in un’altra camera attigua, circondata dalle amorose cure del disperato sposo, dei dolenti amici, la infelice dava ancora alcuni segni di vita, ma non proferì più parola, non mosse più membro, e in poche ore volò a raggiungere l’amato figliuolo.