L’esercito bolscevico scuola della nazione

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       comunisti sta creando, e in molte parti della nazione ha già creato, un altro stato d’animo di disperazione, che non può essere sanato da nessun rimedio esteriore. Una minoranza di adepti, anche sapientemente organizzata, non ha azione su tutto un popolo, quando i sentimenti ed i bisogni sono diversi fra quelli e questo: ed oggi in Russia sono diversi. Dove c’è fame e peste, c’è guerra e odio fra dominatori e soggetti, non può esserci dubbio. Le idee sono belle e sante, per l’universale, fino a quando la vita è sicura: ma l’uomo che vede sè e i suoi morire di stenti o di malattie, maledice chi comanda mentre egli muore, perchè gli pare che per giustizia i capi dovrebbero soffrire prima di lui; e questo mai non avviene. Non c’è esercito privilegiato che possa convincere misera nazione: in pace esso è soltanto subito; e il giorno in cui, non ostante l’innegabile prontezza di decisione dei comandanti e il valore dei comunisti veri, si vedrà, per effetto di una gùerra esterna o per altro motivo, come sia debole quella soldatesca, che oggi è creduta onnipotente, i cittadini stessi che oggi la temono la assaliranno, per distruggerla.
             Le grandi istituzioni degli Stati non si possono torcere dai fini naturali, che l’esperienza di migliaia d’anni è venuta loro di mano in mano assegnando: verità fondamentale che gli innova-vatori forsennati dimenticano, senz’altra scusa se non la pervicacia con cui i conservatori a tutti i costi del passato combattono il progressivo miglioramento, che è mezzo e fine di ogni forma di vita.