Ma, a parte ciò: e per tornare al merito della questione, bisogna dire che se un errore vi è in ’'tutta questa faccenda, l’errore non è da parte nostra.
      Il prof. De Viti — sia detto col rispetto dovuto ad un uomo del suo ingegno e della sua dottrina — ha confuso quel che è una teoria (rispettabile, ma pur piena di inconvenienti) con quel che è il vigente regime di tassazione del reddito della terra e la esenzione di fatto di una parte del reddito stesso, esenzione che il provvedimento del governo intende eliminare.
      Sul pensiero di Messedaglia si è tutti d’accordo: nessuno contesta che il reddito della terra deriva dai quattro elementi indicati nella sua relazione:
      1 forze naturali produttive del fondo
      2  capitale stabilmente investito nella terra
      3  capitale di esercizio
      4  lavoro.
      Secondo la teoria del Messedaglia, stando sempre alla sua relazione, i due primi elementi vanno a costituire il reddito « fondiario », gli ultimi due il reddito « agrario ».
      Questa separazione dei due redditi risponde al pensiero del Ministero; risponde anche al pensiero manifestato da Lei, non risponde invece al pensiero di De Viti né a quello di Cabiati.
      De Viti scrive che si tratta di un reddito unico di natura fondiaria, da accertarsi sempre e solo in base al catasto.
      Cabiati sostiene che si tratta di un reddito industriale, sempre unico da accertare col procedimento analitico della denunzia.
      Il Ministero, fermo nel concetto della separazione dei due redditi, avrebbe dovuto ricercare il procedimento piu adatto per giungere, coi minori inconvenienti, alla valutazione dei redditi stessi e alla loro più agevole tassazione.
      Ella suggerì, molto opportunamente, un sistema che conducesse a questi due risultati:
96