[115-117] LA STORIA AGRARIA ROMANA 591 l’epoca dei re, perchè esso è un fenomeno che si riscontra in tutte le grandi città commerciali marittime dell’antichità. Ma questo processo in Roma si arrestò a tempo e fece posto adun’altra tendenza, mentre, per esempio, in Atene Temistocle lo sviluppò sempre più e cosi accrebbe i pericoli congeniti alla struttura geografica del paese, che i nervi i quali uniscono la città commerciale alVhinterland si logorassero. [116] Come è uno dei tratti specifici dell’antichità, che si riproduce con 1 ¡stesso rigore soltanto nell’Inghilterra all’epoca della sua espansione coloniale, anche in Roma noi dobbiamo concepire il patriziato quale un ceto di grandi proprietarii fondiarii che esercitano il grande commercio, la reminiscenza della quale cosa appare ancora nell’apprezzamento sociale che si ha di queste due forme di attività nella repubblica del periodo più tardo. Tale combinazione è fatta apposta per togliere alla classe dei grandi commercianti il suo carattere internazionale e metterla al servizio della politica nazionale. Ma essa ci spiega anche perchè il patriziato romano, al pari di quello di Atene antica, esercitò in grado considerevole l’usura verso il piccolo possesso e rese più aspri i contrasti. Le più antiche guerre terrestri romane — a prescindere dall’abbattimento di Albalonga necessario per ottenere la egemonia, e dall’assorbimento delle vicine località in forma di un violento synoicìsmo — hanno semplicemente l’impronta di incursioni a scopo di rapina ; e si accorda con questo concetto l’espressione tecnica che rappresentava l’ultimatum dei feciali : res repetere. Nei decennii posteriori alla legislazione delle XII tavole comincia una politica di conquista e di espansione, che coi successi si rafforza sempre più, e tale politica non pure mena ad un ingrandimento dell àmbito della signoria politica, ma anche del territorio coltivabile disponibile degli appartenenti al comune, e ricaccia indietro la politica marittima. Al tempo stesso la bilancia degli intimi conflitti dei mondo romano pende sempre più a danno del patriziato. Il Mommsen ha giustamente rilevato che i grandi successi politici della plebe datano dal momento in cui la scelta dei tribuni è messa nelle mani dei comizii tributi, e questa innovazione è caratterizzata dal fatto che i rappresentanti dei partiti plebei divennero rappresentanti dei cittadini residenti [117J non nobili, cioè della classe del piccolo e medio possesso. Infatti i fini di quest’ultima parte sono: creazione di un diritto codificato da sostituire alle norme consuetudinarie, seisaehtheia (alleggerimento dei debiti), provvedimenti a favore della discendenza eccessiva del ceto proprietario per mezzo di distribuzioni della terra pubblica, e perciò accrescimento di quest'u]tima con la conquista; scopi tutti caratteristici, questi, di un partito di agricoltori o, più esattamente, di un partito di cittadini agricoltori di medio ceto, qual doveva nascere in un luogo in cui il contatto del gran commercio e della vita cittadina dava anche al piccolo proprietario la fisionomia economica di un uomo d’affari, cosi come noi la ritroviamo presso l’agricoltore romano. Ma una delle principali leve della sua eleva-