54 DAVIDE HUME [433-434] Egli parla del congelamento del fiume come di una cosa comune. Parecchi passi di Orazio fanno supporre le vie di Roma piene di neve e di ghiaccio. Se gli antichi avessero conosciuto l’uso de’ termometri, avremmo avuto una maggior certezza riguardo a questo punto. Pure i loro scrittori, senza averne l’intenzione, ci danno informazioni tali che bastano a convincerci che adesso a Roma l’inverno è assai più temperato di prima. Ora il Tevere non gela più a Roma, come non gela il Nilo al Cairo. I Romani reputano l’inverno assai rigido, se la neve dura per due giorni, e se uno vede pendere pochi ghiaccinoli per quarant’otto ore da una fontana esposta a settentrione ». L’osservazione di questo critico ingegnoso può estendersi anche ad altri climi europei. Chi mai potrebbe scorgere il mite clima della Francia, nella descrizione che ci fa Diodoro Siculo1) del clima della Gallia? «Siccome è un clima settentrionale, egli dice, è molestato in sommo grado dal freddo. Quando il tempo è nuvoloso invece di pioggia vi cade la neve a grossi fiocchi, e quando è sereno, il gelo è tanto compatto, che i fiumi acquistano una specie di ponti composti dal loro medesimo elemento sostanziale, sui quali non può passare soltanto un semplice viaggiatore, ma perfino eserciti numerosi, accompagnati da tutto il loro bagaglio e da’ vagoni carichi. Essendovi in Gallia molti fiumi, il Rodano, il Reno, ecc., quasi tutti sono gelati alla superficie, sicché gli abitanti, per impedire le cadute, sogliono coprire il ghiaccio di strame e di paglia ne’ punti dove passano le strade 2). Più freddo di un inverno gallico, dice Petronio, a guisa di espressione proverbiale. Aristotile dice che la' Gallia ha un clima così freddo che un asino non potrebbe vivere 3). A Nord delle Cevennes, dice Strabone 4), la Gallia non produce fichi e ulivi, e le viti che vi sono state piantate non portano grappoli che arrivino a maturità. Ovidio sostiene positivamente, con tutta la seria affermazione degna della prosa che a tempo suo il Ponto Eusino gelava ogni inverno, e cita a testimoniare sulla verità della sua asserzione i governatori romani, di cui fa i nomi5). Oggi questo accade raramente, o quasi mai nella latitudine di Tomi, dove Ovidio fu relegato. A quanto pare tutti i lamenti dello stesso poeta accennano a un rigore di clima, quale forse si nota oggi a Pietroburgo o a Stocolma. Tournefort, un Provenzale che aveva fatto de’ viaggi in quel paese, osserva che non v’è al mondo un clima più mite, e asserisce che solo la b Lib. IV, 25. 2) [Le due frasi seguenti non sono nell’ediz. H a K, e l’ultima fu aggiunta nell’ediz. R]. 3) De generai, anim., lib. II, 8, 14. 4) Lib. IV, 178. 5) Trist., lib. Ili, eleg. 10; De Ponto, lib. IV, eleg. 7, 9, 10.