34
DAVIDE HUME
[412-413]
                        d’industria, per offrire poi con esse al lavoratore un mercato ricco di tutto il necessario, e uno scambio di quelle merci, che possono contribuire a rallegrarlo o a dargli piacere.
                          Questo è un metodo infallibile e universale, e, siccome prevale più ne’ governi moderni che negli antichi, c’è da credere che i primi siano stati più popolosi de’ secondi.
                          Ognuno dice Senofonte *), può divenire fattore. Non c’è bisogno di arte o di abilità ; tutto consiste nella diligenza e nell’attenzione con cui si esegue il lavoro. Prova questa evidente, secondo Columella, che l’agricoltura era assai poco conosciuta al tempo di Senofonte.
                          I    progressi e i miglioramenti nostri recenti non hanno forse resa più facile la sussistenza degli uomini, e non hanno quindi contribuito alla loro propagazione [413] e al loro accrescimento? L’accresciuta abilità nell’arte meccanica, la scoperta del nuovo mondo, che ha tanto allargato il commercio, la istituzione della posta e l’uso delle cambiali, sembrano tutte cose utilissime per incoraggiare le arti e l’industria e promuovere un aumento di popolazione. Se togliessimo di mezzo questi vantaggi, ogni specie di affari o di lavori ne risentirebbe un contraccolpo tremendo, e una gran moltitudine di famiglie morrebbe immediatamente di fame e di stento. E non pare nemmeno che si potesse supplire alla mancanza di queste nuove invenzioni, con un’altra specie qualsiasi di ordinamento o di istituzione.
                          Abbiamo noi ragione di credere che il governo degli Stati antichi fosse per niente paragonabile a quello moderno o che gli uomini fossero pari-menti sicuri sia in patria, sia durante i loro viaggi per mare o per terra ? Io non insisto, ma certo ogni esaminatore imparziale darebbe a noi il primato su questo punto 2).
                          Cosi, esaminate le cose nell’insieme, pare che non vi sia nessuna ragione sufficiente a spiegare perchè il mondo sarebbe stato più popoloso nell’antichità, anziché ne’ tempi moderni. L’equa distribuzione della proprietà fra gli antichi, la libertà, e la suddivisione de’ loro Stati, erano infatti circostanze favorevoli alla propagazione dell’umanità, ma le guerre erano assai più sanguinose e distruttrici, il governo più fazioso e instabile, il commercio e le industrie più fiacche e languenti, l’amministrazione in generale più rilassata e irregolare. Pare dunque che questi ultimi svantaggi costituiscano un equo contrappeso a’ primi vantaggi, e diano valore proprio all’opinione contraria a quella, che comunemente prevale intorno a questo argomento.
                          Ma, si potrebbe dire, che è inùtile ragionare contro dati di fatto. Se pare che il mondo era allora più popolato che adesso, possiamo assicu-
                                *) Oecon., 15, 10.
                                ?) Vedi parte I, Saggio, XI.