il calcolo utilitario
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elegante, ma pure ad essere esentata dal lavoro più duro della vita, ben si accordano con la teoria utilitaria, secondo la quale i più forti dovrebbero, non soltanto compiere nn maggior lavoro, ma compierne tanto da sopportare (1) una maggior quantità di fatica (dove è necessario sopportarla) (vedi ß). Si può, veramente, obiettare che in ugual modo si dovrebbe distinguere fra i membri più forti e quelli più deboli del medesimo sesso. In questo ultimo caso manca peraltro un istinto naturale che predisponga ai doveri della benevolenza; ed è inoltre mancato un criterio ben definito della forza, per stabilire come debba ripartirsi il lavoro ; infine, è intervenuta la concorrenza, mentre fra gli uomini e le donne la concorrenza è stata assai meno aperta (ed è molto dubbio che possa giovare alla razza). In conclusione, dunque, tenuto conto delle opinioni correnti, siano vere o false, sulla natura della donna, si palesa un fine accordo fra le deduzioni tratte dal principio utilitario e le esenzioni e i privilegi che circondano la condizione moderna della donna.
È pure utilitaria la consuetudine del vivere in famiglia, fra le altre ragioni perchè, a differenza dell'educazione comunistica, assicura ai fanciulli più agiati migliori influenze educative (y) e consente, in modo speciale, che durante l'età giovanile si abbiano migliori compagnie. Ed ancora: se noi consideriamo che il principio universale della lotta per la vita ¡— come rileva il Barratt — conduce alla selezione utilitaria, scorgiamo una corrispondenza generale fra la teoria della popolazione sopra costruita (yS), e l'etica dominante nei riguardi del matrimonio, la quale impone soltanto (2) la condizione di un successo, ereditario o personale, già conseguito nella lotta per la vita. Nello stesso ordine di idee da ultimo si osservi che, riguardo al futuro ordinamento della società, l'opinione comune non palesa alcuna anticipazione di uguaglianza utopistica: le privazioni fisiche destano compassione, ma l'esistenza di una classe sociale subordinata e meno favorita non sembra muovere accusa alla generosità della Provvidenza (3). Con tale silenzio dell'opinione comune si accorda l'incertezza di conclusioni dell'utilitarismo esatto sopra notata (ay8).
Se il procedimento deduttivo del Sidgwick non riesce a convincere del tutto l'egoista o l'intuitivista, per lo meno l'impiego della sua esatta definizione può condurre a ben precisare, e a togliere dall'indefinito, una parte considerevole del campo comune della condotta: cioè la beneficenza razionale (che è una delle virtù dell'intuitivista, e una delle soddisfazioni dell'egoista). Come vi può essere, infatti, un desiderio razionale di procurare piacere ad altri, senza che si cerchi di stimare la durata del piacere e la suscettività, oltre che il numero, degli individui i quali ritraggono il piacere?
(1)	Vedi la nota' a pag. 250.
(2)	Rispetto alla popolazione.
13) Cfr. Burke, sul « lavoro dei poveri » in Regicide Peace, 3.