libro primo - capitolo secondo
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astrazione annullerebbe addirittura la possibilità della formulazione delle leggi stesse (1).
L'indirizzo teoretico, anche il più realistico che possiamo immaginare, deve dunque valersi di astrazioni; mirare a tipi o relazioni tipiche di fatti reali che si riferiscano in ogni caso alla « piena realtà empirica » di questi, significa porsi un cómpito che assolutamente contraddice alla natura della indagine teoretica quale essa ci appare sul terreno della realtà.
Se prescindiamo peraltro da questa inevitabile astrazione, è difficile renderci conto di quali riforme abbia ancora bisogno l'indirizzo realistico della ricerca teoretica, nel senso di una valutazione della piena realtà empirica. Se le leggi economiche sono formulate empiricamente, così come si addice a questo indirizzo, in base cioè alla osservazione della successione e della coesistenza dei fenomeni, già di per sè un siffatto procedimento tien conto compiutamente della realtà empirica pur prescindendo, beninteso, dalle
circostanze più sopra messe in rilievo.
I prezzi reali dei beni, le rendite reali, gli interessi reali sui capitali e così via dicendo sono sempre il risultato non soltanto di tendenze specificatamente economiche, bensì anche etiche; in quanto dunque accertiamo empiricamente la regolarità nella successione e nella simultaneità di questi fenomeni, teniamo pure conto, per quello che è logicamente possibile, anche dell'influenza del diritto, del costume, ecc. sulle relazioni tipiche economiche, e non è possibile precisare fin dove si debba tener conto di questa influenza, dal momento che evidentemente le leggi empiriche dei fenomeni valgono soltanto per quelle condizioni di tempo e di luogo in cui furono dedotte.
Perciò lo sforzo di tener conto nell'indirizzo realistico dei fattori non economici è superfluo, perchè già implicito nella natura di esso; non occorre per questo un metodo speciale e tanto meno una speciale scuola di scienziati; al contrario, ci vorrebbero delle menti costituite in modo speciale per formulare delle leggi empiriche di fenomeni economici nelle quali i fattori non economici fossero eliminati così come immaginano i nostri economisti storici.
Quel postulato di cui sopra facemmo parola, è frutto di uno strano malinteso, tanto nei riguardi della conoscenza teoretica esatta quanto di quella empirica.
(1) Un tale principio, che contraddice così in pieno alla natura della conoscenza teoretica, fu formulato di fatto da alcuni rappresentanti più spinti della scuola storica dell'economia tedesca. Questi, svisando del tutto la natura della indagine teoretica, pretesero, nel porre le leggi (realistiche!) della economia, di considerare anche tutti gli aspetti della vita di un popolo (e perchè non già di tutto l'universo, dal momento che in questa esclusione c'è una astrazione?), ma finirono in ultima analisi con l'esulare completamente dal terreno della indagine teoretica per passare in quello della storiografia.