il manifesto del partito comunista 67 I postulati teorici dei comunisti non riposano niente affatto sopra idee o principi che siano stati inventati o scoperti da qualche riformatore sociale. Essi non sono che l'espressione generale dei rapporti effettivi di una lotta di classe esistente di fatto, di un movimento storico spontaneo che si svolge sotto i nostri occhi. Il postulato dell'abolizione dei rapporti di proprietà non è cosa che distingua propriamente il comunismo. Tutti i rapporti di proprietà sono sempre rtati soggetti ad un continuo mutamento, a continue trasformazioni storiche. La rivoluzione francese, per esempio, ha abolito la proprietà feudale a favore della proprietà borghese. Ciò che distingue il comunismo non è l'abolizione della proprietà in generale, bensì l'abolizione della proprietà borghese. Ora, la moderna proprietà borghese privata è l'ultimo e più completo sintomo di quella produzione ed appropriazione dei prodotti, che han per base l'antagonismo delle classi e lo sfruttamento dell'uomo. In questo senso i comunisti possono riassumere la loro teoria in una sola frase : soppressione della proprietà privata. Si è rimproverato a noi comunisti di voler abolire la proprietà acquistata col lavoro personale, quella proprietà cioè che è fondamento di ogni libertà personale, di ogni attività e di ogni indipendenza. Hanno un bel parlare di proprietà frutto del proprio sudore, proprietà acquistata e meritata! Alludono forse alla proprietà del piccolo borghese e del piccolo agricoltore che precedette la proprietà borghese? Ma questa non occorre più davvero abolirla, perchè lo sviluppo della industria l'ha già abolita e la abolisce quotidianamente. Ovvero si allude alla moderna proprietà privata borghese? Ma può il proletario proprio acquistare questa proprietà col salario, col lavoro? No. H lavoro crea il capitale, crea la proprietà sfruttatrice dei salariati, che non aumenta se non a condizione di creare nuovi operai salariati per poterli nuovamente sfruttare. La proprietà, qual è oggi, nasce dall'antagonismo fra capitale e lavoro salariato. Ci sia lecito di considerare questo antagonismo sotto il suo doppio aspetto. Esser capitalista non vuol dire soltanto possedere una posizione personale ; vuol dire tenere una posizione sociale, nella produzione. Il capitale è un prodotto comune, che risulta solo dall'attività cooperante di molti e, in ultima analisi, non può essere messo in moto che dalla attività comune di tutti i membri della società. II capitale non è dunque una forza personale; è una forza sociale. Se il capitale dovesse quindi diventare proprietà sociale appartenente a tutti, non si tratterebbe già della trasformazione di una proprietà personale in proprietà sociale. Muterebbe solo il carattere sociale della proprietà perdendo questa il carattere di classe. Passiamo ai salari. La media del salario consiste nel minimo possibile, ossia nella somma dei mezzi di sussistenza necessaria a mantenere in vita il lavoratore come